Chiara: la recensione del ritratto della santa di Susanna Nicchiarelli in concorso a Venezia

09 settembre 2022
2.5 di 5

Santa Chiara ragazza di provincia nell'Italia del Duecento. Susanna Nicchiarelli conclude la sua trilogia di ritratti femminili della storia con Chiara, con protagonista Margherita Mazzucco. La nostra recensione del film in concorso a Venezia.

Chiara: la recensione del ritratto della santa di Susanna Nicchiarelli in concorso a Venezia

Una ragazza di 18 anni contro la famiglia che vuole reprimerne la piena realizzazione della sua personalità e la vocazione. Sempre attuale, rivoluzionario se parliamo di una storia che avviene nel 1211, ad Assisi. Chiara è innamorata della missione pauperistica del suo amico Francesco e vuole seguirne le orme, insieme ad altre ragazze e donne, inseguendo un sogno di libertà orientato all’aiuto degli altri e alla preghiera. Una santa diventerà più tardi, mentre Susanna Nicchiarelli racconta la persona reale, per alcuni versi comune, sicuramente semplice. Ma per molti altri aspetti rivoluzionaria, principalmente per il carisma con cui riunisce intorno a sé tante altre donne in missione.

La regista romana conclude una ideale trilogia sulle donne tenute da parte dalla storia, dopo gli applauditi Nico e Miss Marx, con una nuova missione di vita, dopo il rock e l’impegno politico e sociale: quella spirituale, di una donna che cerò, in parallelo con Francesco, di spogliare degli orpelli pulenti la religione nell'ottica di un nuovo slancio di povertà e dialogo. Primo antagonista da affrontare una famiglia violenta che cerca di reprimere questo suo cammino eterodosso, nonostante si richiami come molte riforme religiose alla purezza delle origini. Poi la Chiesa, la gerarchia con la sua pretesa di monopolio della messa in pratica della parola di Dio., vorace in cerca di soddisfazione terrena, come il cardinale Ugolino, poi diventato Papa Gregorio IX.

Prima a scrivere una regola specifica per le donne, Chiara anche in questo segnò una cesura con il passato, non accontentandosi di applicare regole scritte per e dai maschi. Nicchiarelli ritrae la sua impossibilità, però, a ottenere una vera equiparazione con i francescani. Proprio lei, posseduta da un sincero slancio di condivisione, fu costretta ad accettare regole di clausura, unico ambito in cui poteva essere accettata un’organizzazione religiosa di impronta femminile. Chiara mette al centro un ritratto lineare della semplicità e della dolcezza del messaggio della futura santa, con la chiara intenzione di evitare l’agiografia e gli orpelli di una visione con i secoli stratificata e sempre più lontana, oltre che dal suo messaggio originale anche dalla sua personalità reale. 

Un ritorno alle radici del pensiero e della sua figura umana, oltre che spirituale, con un lavoro di ricerca molto accurato e la decisione di affidarsi alla lingua volgare duecentesca. Una scarnificazione di quel mondo che passa anche per una riproposizione bidimensionale dei personaggi, che ricorda la visione diretta e frontale precedente alla rivoluzione pittorica della prospettiva portata da Giotto. Un’attenzione maniacale che non porta con sé però un altrettanto fertile processo di avvicinamento allo spettatore, di attenzione alla fruizione narrativa, al di là di un andamento frammentario, in cui la spoliazione della portata iconica di Chiara la priva anche di fascino e carisma. Un ritratto attento ma esangue, fin troppo tradizionale nella scansione, sospeso in un limbo fra pop e solennità.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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