Cenerentola: la recensione della nuova versione Disney della fiaba

02 marzo 2015
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Il regista Kenneth Branagh infonde saggezza e maturità nel film che riesce a essere dirompente con gentilezza.

Cenerentola: la recensione della nuova versione Disney della fiaba

Alla voce "classico" la maggior parte dei vocabolari trova i seguenti sinonimi: intramontabile, fondamentale, esemplare, ideale, perfetto. Guardando Cenerentola di Kenneth Branagh si potrebbe aggiungere alla lista anche “necessario”. Questa operazione Disney va controcorrente rispetto alle rivisitazioni fiabesche che il cinema ha messo in scena negli ultimi anni modernizzando storie, personaggi, significati e avallando contaminazioni fantasy come se i materiali di partenza fossero graphic novel. Chissà se i produttori di Cenerentola, commissionando questa versione ultra classica come se vivessimo in pieni anni 40, sapevano che avrebbero compiuto un gesto estremo.

L’atto rivoluzionario è rappresentato dalla linearità narrativa della sceneggiatura di Chris Weitz e dal messaggio di cui la protagonista si fa alfiere: essere gentile, ovunque e con chiunque, sempre e comunque. E avere coraggio per non cambiare quella natura nonostante le avversità. Questo vetusto concetto è portato avanti molto seriamente e ciò che lo avvalora sono i magnifici costumi di Sandy Powell, le scenografie regali di Dante Ferretti e la mano di Kenneth Branagh. Il regista tratta la fiaba come se fosse pura letteratura inglese dell’800, infonde saggezza, maturità e ottiene dai giovani protagonisti Lily James e Richard Madden, interpretazioni perfettamente calzanti per i personaggi, come la scarpetta perduta calza il piede di Cenerentola. Non sono da meno Cate Blanchett e Helena Bonham Carter, rispettivamente Lady Tremaine e la Fata madrina, cattiveria e bontà di gran classe.

Questa versione si ispira direttamente al film animato del 1950. Ne mantiene interamente la grazia sostituendo il talento dei disegnatori dell’epoca con l’artigianato dei designer attuali, i già citati Ferretti e Powell ai quali si aggiungono il compositore Doyle, il direttore della fotografia Zambarloukos e i creativi della computer grafica. Alleggerita in qualche passaggio e approfondita per dare più spessore emotivo ai personaggi, la storia è coinvolgente nonostante si conoscano molto bene gli eventi che la caratterizzano. L’elemento dirompente sta proprio in quella gentilezza che nella società attuale possiamo riconoscere occasionalmente, dal cameriere sorridente all’impiegato statale educato, dal medico premuroso allo sconosciuto galante. Per Cenerentola invece essere gentili è una missione, è qualcosa in cui credere perché è giusto. Senza ironia, senza eccesso di zelo, la ragazza diffonde gentilezza a chiunque, ricchi o poveri, buoni o cattivi, umani o animali. È una fiaba, per carità, e alla fine la protagonista avrà ciò che desidera ma il film di Branagh, oltre ad essere un buon intrattenimento educativo per i più piccoli, si permette di dare uno schiaffo agli adulti ricordando loro tutto ciò che hanno dimenticato.



  • Giornalista cinematografico
  • Copywriter e autore di format TV/Web
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