Cars 2 - la recensione del nuovo film Pixar
La Pixar continua sulla strada dei seguiti tornando sulle quattro ruote di Cars, guidate da John Lasseter in persona.
Cars 2 - la recensione
Quando l'anno scorso incontrammo Guido Quaroni, il supervisore tecnico Pixar non nascose la ragione commerciale, anche legata alla facilità di merchandising, sottostante alla realizzazione di sequel di alcune loro produzioni. Ci tenne anche a sottolineare però che l'opportunità economica non li avrebbe mai costretti a realizzare opere senz'anima e prive di affetto. Cars 2, prosieguo del cartoon Pixar meno amato anche al botteghino, sembra confermare appieno questa considerazione.
Dimenticate l'adagiarsi sui silenzi di Up! o Wall•E: Cars 2 è sovraccarico, psichedelico, frenetico e fuori misura. Su 2 ore piene di durata (!), il patron Disney-Pixar in persona, John Lasseter, torna alla regia spostando l'attenzione dall'ormai realizzata auto da corsa Saetta McQueen al suo amico Carl Attrezzi, logorroico protagonista di una vicenda sospesa tra la spy story e la commedia degli equivoci. Per la prima volta in casa Pixar, la scrittura sembra davvero secondaria e subordinata alla devastante rintronante potenza di una macchina produttiva e artistica che mostra i muscoli come non mai. Chi pur segue le multimilionarie produzioni animate attuali non può infatti non notare il dispiego impressionante di "asset" (modelli di personaggi, texture, scenografie), spalmato sulle location principali: Giappone, Stati Uniti, Italia e Inghilterra, tutte rappresentate con totali iperbolici, brulicanti di dettagli e rese ancora più aggressive dalla proiezione tridimensionale.
Dov'è l'anima dunque in un film che - e lo ammetterà anche il fan più sfegatato - privilegia la quantità sulla qualità?
Mai come in questo caso Lasseter, appassionato di auto, ci ha ricordato così tanto George Lucas: non solo superficialmente per l'analoga saturazione visiva e sonora che caratterizzarono La minaccia fantasma, ma soprattutto per quell'invidiabile posizione che permette a un autore di creare ciò che vuole, un cinema di fatto indipendente a corpo morto, iscritto tuttavia nella logica ferrea del grande mercato e dei budget mostruosi. Perché Cars 2 è l'inno personale di un nerd alla sua fissazione per le quattro ruote: la storia stessa e le auto scelte per le varie situazioni e caratterizzazioni sono lo specchio della cronistoria dell'automobile. A titolo d'esempio, nella piazza di un paesino italiano una nuova Cinquecento danza con il vecchio modello.
A ben vedere, rimangono scampoli di quella profondità che caratterizza la migliore Pixar, specialmente nelle motivazioni dei cattivi di turno: auto non riconvertibili all'energia pulita che mirano a screditare un biocarburante. Tema rappresentato con ironia ma anche seppellito sotto dialoghi a mitraglia, dolly vertiginosi, dinamismo a oltranza e stereotipi folkloristici volutamente sopra le righe.
Paragonando Cars 2 con un contemporaneo sequel della concorrenza, Kung Fu Panda 2, ci si rende conto che quest'ultimo, più irreggimentato, timido e lineare, funziona maggiormente sul piano del coinvolgimento emotivo, lì dove il film Pixar è - nel bene e nel male - più capriccioso, istintivo e discontinuo: scene come il prologo spionistico fanno impallidire cinematograficamente qualsiasi rivale, altre sono figlie di una rischiosa goliardìa fine a se stessa che forse diverte più gli autori degli spettatori.
Per ora accettiamo lo svago, ma aspettiamo un altro Up! consapevoli di poterlo e doverlo pretendere.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"