Borderlands, la recensione del film di Eli Roth con Cate Blanchett tratto dai videogiochi Gearbox

07 agosto 2024
2.5 di 5

Alla fine è toccato a Eli Roth tradurre in film la saga di fps/rpg Borderlands della Gearbox Software: Cate Blanchett e il resto del cast si divertono, ma qual è il pubblico di riferimento di questa produzione? Non siamo sicuri di averlo capito. La nostra recensione.

Borderlands, la recensione del film di Eli Roth con Cate Blanchett tratto dai videogiochi Gearbox

La temutissima cacciatrice di taglie Lilith (Cate Blanchett) è costretta a tornare sul natìo pianeta Pandora, per recuperare Tiny Tina (Ariana Gleenblatt), figlia del magnate Atlas (Edgar Ramirez). Tina è stata rapita da uno degli uomini mandati a salvarla, Roland (Kevin Hart), per ragioni ignote. Pandora è come sempre terra di nessuno, razziata dai Cacciatori della Cripta, avventurieri alla ricerca di preziosi reliquie aliene, nascoste chissà dove nelle viscere del pianeta. Lilith scoprirà che la sua missione è più complicata del previsto, e si trascinerà nell'avventura anche la scienziata Tannis (Jamie Lee Curtis), il robottino Claptrap e lo "psycho" Krieg (Florian Munteanu).

A quindici anni di distanza dal primo Borderlands (2009) pubblicato da 2K per PC e console, l'universo sci-fi / pulp della Gearbox Software cerca la strada del cinema, forte di due seguiti e alcuni spin-off che ne hanno approfondito negli anni ambientazione e situazioni. Non è ancora chiaro se gli adattamenti cinematografici dei videogiochi saranno una delle strade più battute a Hollywood, perché ad alcuni trionfi commerciali come Super Mario Bros - Il film si alternano inciampi come Resident Evil: Welcome to Raccoon City. La Universal, puntando sul basso costo, è passata all'incasso con Five Nights at Freddy's, ma Borderlands si presenta a noi come un piccolo kolossal, girato in gran parte in Ungheria nel corso del 2021. E forse sono state proprio le grandi ambizioni produttive della Lionsgate a rendere il risultato finale non troppo chiaro nelle sue intenzioni.

Borderlands è una saga intrisa di cinismo, humor nero, violenza sopra le righe e grottesca, volgarità assortite: il sistema europeo di classificazione dei videogiochi per fasce d'età, il PEGI (Pan European Game Information), ha sempre assegnato a ogni capitolo della serie un molto chiaro "18". Con queste premesse, l'idea che la versione cinematografica di Borderlands fosse affidata a una firma come Eli Roth, amante delle efferatezze di genere slasher, amico di Quentin Tarantino, ragionevolmente tranquillizzava i fan del marchio... che però ora si troveranno di fronte un film per famiglie! Davvero. Negli USA Borderlands viene distribuito col classico bollino "PG-13", qualcosa di molto lontano dall' "R" ("Restricted", vietato ai minori di 17 anni), che ci si sarebbe aspettati, considerando autore e materiale di partenza. Certo, Roth aveva provato a giocare la carta fiabesca, guardacaso proprio con Cate Blanchett, per l'esperimento Il mistero della casa del tempo nel 2018, ma suona strano che abbia tirato ancora le redini proprio per Borderlands.

Non fraintendeteci, nel film Borderlands ci sono molti elementi, tra costumi, situazioni tipo, scenografie, che riprendono i videogiochi di riferimento: gli stessi personaggi portano l'eco delle classi che chi gioca può selezionare prima delle partite. C'è anche l'iconico Claptrap, l'imbarazzante robot dalla parlantina ossessiva, nostra spalla irritante nelle scorribande digitali. Proprio però il rispetto di facciata per il franchise acuisce la sensazione di un freno a mano tirato, l'idea che la maggior parte delle scene si fermi strategicamente un attimo prima di calcare la mano come dovrebbe: si accenna l'aggressività per poi evitarla in corner, con un taglio di montaggio, una battuta innocua o qualche altro escamotage. La confezione fa il suo dovere, ma c'è qualcosa di inerte nel risultato finale. È sospetto che, nella lunga e sofferta post-produzione del film, il cosceneggiatore Craig Mazin, coautore dell'altro adattamento ludico (trionfale) di The Last of Us, abbia richiesto la rimozione del suo nome dai credits.

Non addosseremmo la colpa di questo Borderlands dall'incerta identità ai reshoot di Tim Miller, peraltro benedetto da Roth: Miller aveva dopotutto diretto il primo Deadpool, un film dal tono molto più vicino all'anima della Gearbox di questo che ci troviamo davanti oggi. Azzarderemmo piuttosto l'ipotesi che sia stata la Lionsgate sin dall'inizio a temere di restringere il potenziale pubblico con un divieto, sperando di recuperare più facilmente il suo investimento. Alla luce dei film più "estremi" come Deadpool & Wolverine che registrano eccellenti incassi, apparirebbe una visione un po' anacronistica e temiamo fatale per l'equilibrio del prodotto finale. La stessa recitazione del cast, con Cate Blanchett e Jamie Lee Curtis in prima fila, calca la mano su un'autoironia fuori controllo, caricaturale, in fin dei conti distaccata da un coinvolgimento emotivo sincero.
È pretendere troppo da un film ambientato in un universo così ridicolo e allucinato? Apparentemente. Tra il 2014 e il 2015 la Telltale Games prese in licenza il marchio per altri videogiochi spin-off puramente narrativi, Tales From the Borderlands: c'erano tutti gli eccessi "made in Borderlands", ma c'erano anche personaggi inaspettatamente interessanti, con una scrittura sofisticata e perfino toccante. Qui c'è la confezione, c'è intrattenimento essenziale per un pubblico di bocca buona, ma non siamo riusciti a leggerci un vero mordente.  



  • Giornalista specializzato in audiovisivi
  • Autore di "La stirpe di Topolino"
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