Borat - Seguito di film cinema...: la recensione

22 ottobre 2020
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Borat è tornato: con un'agenda precisa e con una figlia. Sacha Baron Cohen prende di petto l'America di Trump e i suoi orrori, mettendo a nudo una realtà purtroppo già ben nota, e mettendo in imbarazzo un noto politico statunitense.

Borat - Seguito di film cinema...: la recensione

Borat per il sociale.
Lo potevano intitolare così questo Borat - Seguito di film cinema. Consegna di portentosa bustarella a regime americano per beneficio di fu gloriosa nazione di Kazakistan, per gli amici Borat 2.
Nel primo film Sacha Baron Cohen prendeva di mira le tante ipocrisie del nostro tempo, rompendo ogni schema e calpestando allegramente ogni correttezza politica; era semplicemente eversivo.
Ma da tempo andiamo dicendo che questa nostra bislacca realtà ha tolto lavoro ai comici e superato a destra ogni possibile satira, e Borat si adegua; fa sempre le cose a modo suo, è sempre scemo, volgare e provocatorio, ma questa volta l’intento non è solo chiaro, ma costruttivo: mettere alla berlina l’America di Trump, e il 45° Presidente degli Stati Uniti.
Per farlo Borat viene liberato (in patria era finito ai lavori forzati per la pessima immagine data del Kazakistan nel suo primo film), e incaricato di portare al vice di Trump, Michael Pence, la scimmia Johnny, ministro della cultura e pornostar numero uno del paese. Con lui parte la figlia che Borat riscopre di avere - l’aveva dimenticata, ed era tenuta assieme a mucche e maiali - e che si mangerà la scimmia strada facendo: e allora in omaggio a Pence, o a chi per lui, Borat deciderà di dare proprio la ragazza.

Come nel primo Borat, tutto è basato su interazioni con personaggi più o meno ignari di essere in un film, e di fronte a un personaggio di finzione: in questi casi sono medici anti-abortisti, babysitter afroamericane, seguaci di QAnon, e rigide signore appartenenti a un club repubblicano, solo per citarne alcuni.
A differenza dell’andamento randomico e da esperimento sociale del primo film, in Borat 2 però c’è uno scopo. Anzi, due.
Il primo è quello mettere a nudo gli orrori e le demenze dell’America trumpiana; il secondo - strettamente legato al primo, dato un presidente che le donne “le prende per la fica” - è sorprendentemente, ma non troppo, quello di ridare dignità alle donne e al femminismo.
Il percorso del film, infatti, è prima di tutto quello di Tutat, la quindicenne figlia di Borat interpretata da una fenomenale Maria Bakalova, che da schiava trattata come una bestia, e felice di esserlo ("come Melania"), diventa progressivamente una giovane donna cosciente dei suoi diritti e delle sue potenzialità (anche erotiche). Di Tutat e di Borat, che imparerà a essere un padre fiero di sua figlia.

I più critici diranno che Sacha Baron Cohen (che pure continua a essere spietatamente irriverente, in particolare nei confronti della questione ebraica, ma non solo) si è piegato alle esigenze del nuovo femminismo, e non ha avuto il coraggio di essere altrettanto cattivo con le donne come era stato in passato, ma non è del tutto vero.
O forse lo è, ma non per paura delle reazioni delle paladine del matriarcato, ma semplicemente e dichiaratamente perché voleva dimostrare qualcosa. Un qualcosa che non riguarda solo quello che Borat chiama “McDonald Trump”, ma tutta la cultura che l’attuale presidente si è portato appresso o ha permesso emergesse.
La richiesta da parte di Amazon era quella di non rivelare troppi nomi né dettagli, ma che Borat 2 si chiuda con Rudy Giuliani che si mette le mani nelle mutande, e si prepara a un incontro sessuale con la giovanissima Tutat, che lo sta intervistando, è oramai di dominio pubblico.

Questo nuovo Borat è meno comico e dirompente, la forza dei suoi stunt chiaramente meno anarchica, ma riesce comunque a far emergere situazioni che turbano: non solo e non tanto l’affaire Giuliani, quanto le reazioni della gente comune alle sue provocazioni. Gente che non batte ciglio di fronte all’esibizione di antisemitismo, misoginia, razzismo e perversioni di Borat.
Il coraggio di certi stunt e la dedizione al personaggio di Sacha Baron Cohen sono ammirevoli, e i suoi intenti condivisibili. I grandi e piccoli orrori svelati dal film, però, alla fine sorprendono poco. Perché in questi tempi bislacchi che stiamo vivendo, che han tolto lavoro ai comici e superato a destra ogni possibile satira, tutto è oramai già stato portato alla luce del sole, in maniera aperta e svergognata: la destra estrema, il sessismo, il razzismo, l’ignoranza, il negazionismo sulla pandemia, il bieco opportunismo di chi, per soldi, manda giù qualsiasi morale.
Borat 2 è l’ennesimo reminder di questa realtà, che consolerà e farà ridere amaramente noialtri che la troviamo riprovevole, ma che nel complesso non smuoverà di molto gli equilibri e le coscienze.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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