Attacco al potere - Olympus Has Fallen: la recensione del film con Gerard Butler
16 aprile 2013
Un action fantapolitico vecchio stile la cui principale novità è la presenza dei nemici nordcoreani
In linea generale, gli action ci piacciono molto. Anzi, più sono implausibili, catastrofisti ed esagerati, più ci divertono, ammesso che abbiano i seguenti requisiti: un elemento originale nella storia, un eroe ironico e un villain indimenticabile, appartenente a una determinata etnia.
Ora, da che
mondo è mondo i nemici giurati degli Stati Uniti sono stati prima i nazisti,
poi i sovietici, e - sempre - i giapponesi e gli orientali in genere, spietati non per
questioni politiche ma per quella che al cinema è una crudeltà culturale. Gli autori del
genere action non si sono mai posti problema di correttezza politica e hanno sempre
abbondato con gli stereotipi e i luoghi comuni perché anche questo, in fondo, fa parte
del gioco.
Uno dei problemi di base di Attacco al potere, per noi, è che mescola elementi reali e
fantastici, creando scenari da fantapolitica che travalicano le esigenze dell'action
puro e semplice e accumulando in modo ipertrofico cliché e luoghi comuni conditi da
pochissima ironia (o perlomeno non pervenuta nella versione doppiata).
Al pari dei suoi omologhi dell'era reaganiana, il film esalta il
ruolo egemone degli Stati
Uniti, ultimo (unico) difensore della civiltà e della democrazia dalla barbarie e
dal terrorismo.
Archiviati dunque i nemici classici, che non fanno più paura, si punta sull'attualità
mettendo in scena una cellula terroristica nordcoreana, ma si resta comunque nel
solco del genere, svuotando l'antagonista di ogni pretesa di realismo, per farne un
sadico psicopatico dispensatore di morte e violenza. Non solo, ma l'impenetrabile
baluardo della libertà, la Casa Bianca, viene espugnata in una manciata di minuti, e
coloro che detengono i destini di milioni di persone si rendono conto che la loro
decantata inattaccabilità si basa in realtà su una serie di piani degni di Wile E.
Coyote. Tutto questo potrebbe passare per critica sociale o satira, se non ci
trovassimo all'interno di un film che si prende molto sul serio.
Gli attori sono gusci vuoti da riempire con caratterizzazioni tagliate con
l'accetta e la
scelta di interpreti di fama e qualità ricorda i disaster movies degli anni
Settanta,
quando la cosa principale era portare il pubblico al cinema con il maggior numero di
volti noti possibile.
Il cast di
Attacco al potere è di primissimo livello, ma gli attori si trovano
ripetutamente alle prese con dialoghi elementari e situazioni impossibili. E'
principalmente la loro presenza a distinguere il film da un b-movie con meno pretese
e a conferirgli una dignità che in sé non avrebbe. Antoine Fuqua, bravissimo
regista
d'azione (i primi venti minuti del film sono davvero efficaci), cade nella retorica più
smaccata col ralenty sulla bandiera americana bruciata e defenestrata dai terroristi e
la distruzione dell'obelisco da parte di un aereo nemico, che nelle intenzioni rimanda
all'11 settembre 2001 ma che a noi ha ricordato invece Mars Attacks!
E' chiaro che Gerard Butler, produttore e wonder-man della storia, si
diverte come un
ragazzino a salvare il mondo da solo come un Rambo dei nostri tempi, senza
nemmeno restare in canottiera come faceva il McClane di Willis.
Ma nonostante tutta
la simpatia che proviamo per la sua voglia di mettersi alla prova, alla fine dei giochi
quello che resta sono più che altro le ingenuità di una storia che sembra scritta da un
dodicenne e personaggi con lo spessore di figurine di cartone.
- Saggista traduttrice e critico cinematografico
- Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
Suggerisci una correzione per la recensione