Animali notturni: recensione del film di Tom Ford presentato in Concorso al Festival di Venezia 2016

02 settembre 2016
2.5 di 5
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Amy Adams e Jake Gyllenhaal protagonisti di una storia gelida e violenta d'amore e vendetta tratta da un romanzo di Austin Wright.

Animali notturni: recensione del film di Tom Ford presentato in Concorso al Festival di Venezia 2016

Il dolore ovattato che caratterizzava A Single Man, in Animali notturni Tom Ford lo ripropone in maniera più spigolosa e intensa. Anche perché qui non c'è Amore che garantisca salvezza, o il recupero della gioia del passato. Questa nuova regia dello stilista, a 6 anni di distanza da quell'esordio, è invece tutta nel nome di un dolore freddo come il ghiaccio, come il ghiaccio capace di spaccare gli animi che lo contengono, e di un prezzo per i propri errori che, prima o poi, siamo condannati a pagare.

Da un romanzo di Austin Wright (pubblicato in Italia da Adelphi col titolo "Tony & Susan"), Animali notturni è meno sfacciatamente elegante e patinato del film con Colin Firth, e non solo per fare il paio con i toni cupi, violenti e depressi che lo caratterizzano. Ford sfoga la sua ansia nei titoli di testa che riprendono, come in uno spot, ballerine di burlesque un po' agée e XXL che ballano completamente nude: simbolo, forse, della corruzione e della decadenza che farà parte del racconto che segue.
La Susan di Amy Adams, artista ricca e depressa alle prese con un marito non più modello, e con la lettura di un romanzo sporco e cattivo nel quale il suo ex marito racconta una vendetta che è anche la sua, quella contro la donna che lo piantò in maniera brusca e con modalità e aggravanti difficilmente perdonabili. Per debolezza, contro la debolezza: tra gli animali notturni, o si è preda o si è predatori.

Mescolando tre piani narrativi (Susan che legge, la storia di Tony e della vendetta contro che gli ha stuprato e ucciso moglie e figlia contenuta nel romanzo, e flashback di loro due assieme), Ford si concede piccole punteggiature da ricco e famoso, facendo facile sarcasmo sul mondo elitario che è suo, fa inforcare a Amy Adams occhiali meravigliosi e inquadra una casa dall'eleganza fredda e pietrificata: perché, ancora, è il gelo dei sentimenti che interessargli, e non tanto la violenza esplicita del romanzo di Tony, il suo sangue in bella vista e le pulsioni omoerotiche.

Se Firth, in A Single Man, recuperava la capacità di vedere il mondo con gli occhi di una volta, con l'amore di una volta, Amy Adams è condannata a implodere silenziosamente sotto il peso della coltre di ghiaccio sotto la quale ha nascosto i suoi sentimenti, e che l'ha condannata a distruggere due matrimoni. E la violenza più grande, allora, è quella del suo dolore.

A forza di raccontare geli e cupezze, però, anche Animali notturni finisce col risultare troppo freddo e asettico. A forza di rimandare giù i rigurgiti patinati che lo avrebbero esposto a critiche ovvie, al film sembra mancare la forza (magari discutibile) del suo incipit. E allora scorre via, senza troppi sussulti, tra alti e bassi inevitabili, senza lasciare mai un segno davvero indelebile.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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