All'ultima spiaggia - la recensione del film

03 ottobre 2012
2.5 di 5

Per la sua opera prima il cabarettista e autore napoletano Gianluca Ansanelli chiama a raccolta amici e colleghi, facendone i protagonisti di un film a episodi legato da un tenue fil rouge.

All'ultima spiaggia - la recensione del film

Che l'Italia sia, più o meno, un paese all'ultima spiaggia, lo si evince dalle molte storie che ci toccano sempre più da vicino. Che poi sia in grado di risollevarsi e ritrovare un minimo di coesione facendo appello anche alla proverbiale “arte di arrangiarsi” è da vedere. Ma quello che motiva le storie di All'ultima spiaggia è molto meno ambizioso di quello che si potrebbe pensare.

Gianluca Ansanelli mette in scena quello che conosce meglio e che è da sempre un cavallo di battaglia del cabaret italico (quello vero, non quello triste che si fa nelle stanze del potere): i difetti e i pregi degli italiani, capaci di ridere anche dei loro più amari fallimenti e delle loro figure più ridicole. In fondo, però, molto in fondo, siamo “brava gente”, e allora largo agli stereotipi che forse tanto finti poi non sono.
Farà piacere agli spettatori televisivi ritrovare sul grande schermo alcuni dei volti più amati della comicità italiana, da Dario Bandiera a Paola Minaccioni, ai comici di Zelig e Colorado più connotati in senso regionale: i romani Antonio Giuliani e Pablo e Pedro, il toscano Sergio Sgrilli, il romagnolo Giuseppe Giacobazzi e il napoletano Carmine Faraco. Si ride a volte, ma più spesso si sorride, e se alcuni episodi sembrano più di taglio televisivo, anche per la loro necessaria brevità (come quello per altro divertente della rapina), altri, come nel caso della storia d'apertura con Bandiera, Minaccioni e Grimaudo, sembrano il prologo di un lungometraggio che non c'è.

Il limite del film sta forse proprio nel linguaggio: i generi e gli stili volutamente diversi degli episodi di All'ultima spiaggia sembrano la versione televisiva di quelli cinematografici. La formula dello sketch imbriglia poi il talento di alcuni dei performer abituati a lunghi monologhi, e non a caso risulta più convincente con l'innesto di attori “puri” come Ivano Marescotti o Ernesto Mahieux. Nonostante tutto, quest'opera prima non volgare e a tratti non scontata ci fa simpatia, e dunque invitiamo Ansanelli a riprovarci, magari staccandosi dal terreno su cui si sente più sicuro per avventurarsi con più decisione in quello del cinema.
Libero anche di mutuare idee e ispirazione dalla tv migliore, purché non si limiti a riproporla in grande formato.




  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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