Alabama Monroe: la recensione del film di Felix Van Groeningen

23 aprile 2014
3.5 di 5
7

Il regista belga racconta una storia di vita vissuta che ha un'altissima temperatura emotiva.

Alabama Monroe: la recensione del film di Felix Van Groeningen

Se non sapessimo che dietro alla storia raccontata con un andamento non lineare da Alabama Monroe c'è la vita vera e la vera sofferenza di Jonah Heldenbergh, il film che Felix Van Groeningen ha tratto dalla sua autobiografica pièce teatrale ci sembrerebbe artificioso, poco spontaneo, concepito a regola d'arte per devastare e irretire qualsiasi tipo di pubblico.
E invece, a monte dei premi che il film ha accumulato e della sua candidatura all'Oscar, c'è la generale consapevolezza che ogni riferimento a persone o a fatti reali non è puramente casuale. L'amore fra un cantante di Bluegrass e suonatore di banjo e una ragazza con la pelle diafana coperta di tatuaggi è effettivamente esistito, intrecciato alla morte, alle infinite variabili legate all'elaborazione del lutto e soprattutto all'inarrestabile naufragio del sogno americano.

Quest'ultimo tema, o meglio quest'ultima grande illusione che sembra una semplice digressione o una delle tante strade secondarie intraprese da un film che cambia spesso direzione, è invece molto importante perché è espressione del modo in cui l'Europa più laica e "pro choice" guarda  alla nazione delle grandi opportunità e della democrazia. E siccome il punto di vista è quello di un uomo che abita nel primo paese in cui è stata legalizzata l'eutanasia anche per i bambini, è normale che la reazione si faccia più violenta, come se tutti gli stati della bandiera a stelle e strisce fossero una immensa “Bible belt” ferocemente "pro life".

L'anima politica di Alabama Monroe, che viene fuori nel momento in cui la religione diventa un rifugio, si fa vedere però solamente da chi la sa cogliere, intrecciata alla distruzione di una famiglia che di fronte a una morte priva di logica si interroga necessariamente sul senso della vita.
Più in evidenza c'è la bellissima storia d'amore fra Elise e Didier, anticonformisti non per scelta o per la sgangherata esistenza bohemienne che conducono, ma per la purezza e l'intensità del sentimento che li lega.
E' come se la loro libertà contagiasse lo stesso Van Groeninger, che non ha paura di affrontare le emozioni e che su di esse regola il fluire dei suggestivi brani musicali così come l'alternanza dei vari piani temporali. L'intreccio quasi casuale di presente e passato fa sì che nel film il tradizionale climax venga sostituito da una temperatura emotiva costante, che è altissima fin dal primo momento perché il protagonista maschile ha il volto dello sfortunato Jonah Heldenbergh.

Eppure un picco di dolore c'è in tutta questa struggente tranche de vie ed è là, di fronte alle ultime tragiche battute del racconto, che si resta perplessi e si invoca una sobrietà con cui stemperare il phatos.
Altro non riveleremo sul finale di Alabama Monroe, se non che a salvare l'intimità del film arriva il Bluegrass, genere da riascoltare o da cominciare a conoscere.



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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