7 minuti: la recensione del dramma di Michele Placido sul mondo del lavoro al femminile

21 ottobre 2016
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Undici operaie devono decidere il destino di tutte le loro colleghe.

7 minuti: la recensione del dramma di Michele Placido sul mondo del lavoro al femminile

La paura è entrata nelle vostre vite. È con questa frase che un’operaia africana ricorda alle sue colleghe di una fabbrica italiana cosa voglia dire pensare alla sopravvivenza, agendo d’istinto, senza il lusso di andare troppo per il sottile sulla tutela dei diritti acquisiti. È il modo attraverso il quale Stefano Massini – ispirandosi a una storia vera accaduta in Francia per la sua pièce teatrale e ora adattandola con Michele Placido per il cinema - cerca di sintetizzare in 7 minuti il nostro mondo del lavoro visto dall’esterno. Una linea di demarcazione che divide un gruppo di undici operaie chiamate a decidere se accettare la proposta della nuova proprietà francese dell’azienda tessile di provincia in cui lavorano, alcune di loro da decenni. Una piccola rinuncia, quei 7 minuti di riduzione della loro pausa del titolo. Ma per la decana Ottavia Piccolo possono essere la crepa che anticipa il cedimento di chi sarà poi pronto ad accettare sempre maggiori rinunce.

Placido mette in scena undici figure femminili dalle storie molto diverse, affidando la guida carismatica all’unica attrice presente anche nella versione teatrale, la stessa Piccolo. La struttura ricorda La parola ai giurati, così come le discussioni che portano a cambiare continuamente il risultato delle votazioni. Qui la disperazione è acuita dal fatto che la decisione non solo deciderà delle loro vite professionali, in periodo di grande crisi e difficoltà nella riconversione, ma anche quella delle altre trecento dipendenti. Ci sono alcune straniere, donne più anziane o giovani, alcune abituate a un regime di tutele conquistato negli anni dei successi del movimento operaio, altre che per mantenere il posto di lavoro farebbero di tutto, cedendo senza pensarci: soprattutto le più giovani e chi viene da paesi a minor tutela.

Uno spaccato rappresentativo della società contemporanea al femminile. Proprio in questo affidarsi eccessivamente meccanico agli archetipi risiede uno dei difetti principali del film, gravato da un didascalismo che appesantisce una dinamica già di suo grondante potenza drammaturgica. Molto più convincente è il lavoro sulle interpretazioni, sanguigne e sincere, come una sorprendente Fiorella Mannoia, all’esordio come attrice.

7 minuti rivendica il suo essere fuori dal tempo, ostinatamente morale e riflessivo, così come chiede la loro portavoce: non fermarsi alle apparenze di una lotta sindacale ormai sclerotizzata e concentrata sul breve, se non brevissimo periodo. Impone una strategia più ampia, rivendica il valore del dialogo guardandosi negli occhi, trovando nella forza aggregante del gruppo il coraggio di superare la paura individuale.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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