BCT Festival di Benevento 2025, Valerio Vestoso si racconta: dai primi mockumentary a Una Pezza di Lundini
Abbiamo intervistato il regista e sceneggiatore Valerio Vestoso al BCT Festival di Benevento 2025. Ecco cosa ci ha raccontato della sua carriera e del lungo viaggio dai primi mockumentary fino a diventare autore di Una Pezza di Lundini.

Abbiamo incontrato Valerio Vestoso nella serata conclusiva della nona edizione del BCT Festival di Benevento 2025, in occasione della premiazione dei tre talenti sanniti, tra cui anche il regista e sceneggiatore. Originario di Benevento, Valerio Vestoso ha poi lasciato la sua città per iniziare una carriera nel mondo del cinema, dirigendo dapprima alcuni cortometraggi, come Tacco12, un mockumentary sull'ossessione per il ballo di gruppo e che ha vinto oltre 20 premi. Nel 2016 si aggiudica il premio Solinas - Bottega delle Serie con la sceneggiatura Flash, poi prodotta da Rai ed è autore di Essere Gigione, altro mockumentary dedicato al cantante neomelodico napoletano. Si unisce al team di sceneggiatori della serie Rai Vincenzo Malinconico - Avvocato d'insuccesso, il film No activity - Niente da segnalare, oltre a essere uno degli autori dell'amatissimo programma Una Pezza di Lundini. Tra i suoi ultimi, ma non meno importanti lavori, ricordiamo anche la regia delle stagioni 2 e 3 di Vita da Carlo, di e con Carlo Verdone.
BCT Festival di Benevento 2025, Valerio Vestoso si racconta: "Essere della provincia ha plasmato il mio lavoro"
Nonostante non sia certo la prima volta che Valerio Vestoso si ritrova a Benevento, è la sua prima volta come ospite del BCT Festival, come ci racconta: "Allora, non è la prima volta a Benevento, ma lo è al BCT Festival. Benevento la conosco abbastanza bene...per ovvi motivi. Invece, questa è la prima volta che mi ritrovo in questo Festival. E, devo dire, che credo che sia una realtà davvero bella. Ha una marcia in più, è molto elegante e sono contento di essere qui questa sera".
Ospite dell'ultima serata della nona edizione, Valerio Vestoso è stato insignito del premio talento sannita insieme a Alessandro Orrei e Angelo Spagnoletti. Ma come ci si sente a sentirsi definire "talento"? "Non so se sono un talento sannita, però, fa un bell'effetto tornare, con un bagaglio di esperienze e progetti. Alcuni riusciti, altri meno, però, ecco, sono debitore di questa città e del legame che ho con essa. Inevitabilmente, aggiungo, perché vivere in queste strade ti forma, conoscere certe persone, aggiunge qualcosa alla tua creatività e, perciò, sei in debito con essa".
Non sorprende, perciò, il ruolo che la provincia ha avuto nel suo lavoro, come regista e sceneggiatore: "Sì, esatto, la provincia è il pilastro, ha formato il mio lavoro, probabilmente non avrei fatto neanche questo lavoro senza essere nato in provincia, perché ti dà la possibilità di guardare tutto da punti di vista diversi, con una lente d'ingrandimentoo sull'umanità, sugli esseri umani. Nonostante poi, i social abbiano abbattuto determinate distanze, nonostante la globalizzazione abbia uniformato un po' le metropoli, le piccole città hanno ancora quel quid che permette a chi fa cinema di osservare con maggiore attenzione e con maggiore curiosità gli esseri umani, quindi, puoi portare tutta questa osservazione in creatività con te, nella scrittura e nella regia".
Prima di approdare alla regia delle stagioni 2 e 3 di Vita da Carlo, la carriera di Valerio Vestoso è costellata di diversi mockumentary, un genere insolito per un regista, anche piuttosto rischioso, come ci rivela il diretto interessato. Allora, perché sceglierlo? "Mi piace tantissimo il mockumentary, purtroppo, non è frequentatissimo in Italia. Ci ho provato quest'anno con due sceneggiatori bravissimi, con cui avevamo imbastito per mesi una serie mockumentary molto divertente. Ma, alla fine, la piattaforma di riferimento si è tirata indietro proprio per il genere scelto, perché è una forma ancora troppo british, ancora troppo lontana dalla nostra cultura. Poi, chiaramente, verrà sdoganata nel momento in cui qualche mockumentary strafamoso dall'America, dall'Inghilterra, arriverà e tutti diranno 'perché non ci abbiamo pensato prima, facciamo il mockumentary'. Purtroppo è così, siamo un po' vittime di questa filosofia, però io continuo a tifare per i mockumentary, è un genere molto difficile da gestire logisticamente, perché è un attimo e viene meno il castello di meravigliose bugie che forma proprio la sua struttura, però, è bellissimo, se riesci a mantenere il giusto equilibrio è straordinario..".
Valerio Vestoso al BCT Festival di Benevento 2025: "Una Pezza di Lundini? Un esperimento irripetibile, ma..."
Valerio Vestoso è stato anche tra gli autori di uno dei programmi che ha portato una ventata di innovazione e allegria nel panorama televisivo italiano: Una Pezza di Lundini. Ma, com'è nata l'idea per un programma così innovativo? Allora, Una Pezza di Lundini nasce dall'incontro tra tre geni, uno è Giovanni Benincasa, che è veramente un gigante della tv, per qualità, umorismo, è pazzesco. Il secondo genio è Valerio Lundini, ovviamente e non uso mai troppo le parole genio, invece in questo caso mi viene spontaneo farlo. Il terzo è Emanuela Fanelli. Ecco, Una Pezza di Lundini nasce dall incontro tra queste tre menti. Poi siamo arrivati noi autori, quando c'era stata già una puntata pilota e mi è stata fatta vedere da Giovanni Benincasa e da Emanuela Fanelli. Questo programma, questa follia televisiva, è arrivata in un momento forse anche di apatia umoristica a livello nazionale. I vecchi programmi di comicità erano diventati un serbatoio di tormentoni saturi. I comici erano legati alle tempistiche televisive, quindi, tutto si concentrava in quello. Invece, Una Pezza di Lundini vive di silenzio, di imbarazzo, vive di lacune di parole che lo rendono unico. Siamo stati fortunati nella sfortuna perché la sfortuna del Covid e la tragedia del Covid ha fatto sì che i palinsesti fossero effettivamente vuoti di progetti e lì ci si è infilato Benincasa con questo programma, è proprio il caso di dire 'una pezza' e ha chiesto a un po' di autori, tra cui il sottoscritto di lavorarci e per me è stato uno dei lavori più divertenti che abbia mai fatto, perché c'era la libertà di fare quello che volevamo, la possibilità di farlo e la materia prima per farlo con altissimi risultati".
Vestoso ha sottolineato che l'innovazione del programma nasceva anche dalla direzione che è stata presa per realizzarlo e che, ad oggi, sarebbe forse impossibile da ripetere: "Abbiamo preso l'esempio di Renzo Arbore, dello stesso Gianni Boncompagni, ma abbiamo preso una direzione diversa, moderna, come ha fatto anche Stefano De Martino, che ha avuto l'idea di circondarsi di artisti che sono veri cavalli di razza, come il mio amico Giovanni Esposito. La scelta è nostra (di non tornare ndr) e penso di parlare a nome di tutti, sperando che non se la prendano, però penso sia una scelta nostra, perché poi quando inizi devi fermarti un attimo prima di che le idee diventino vecchie e, quando ti fermi un attimo prima, secondo me, hai vinto. Vale la pena lasciare quel tipo di ricordo prima che tutto diventi anacronistico".
Foto di copertina:© Alessia Giallonardo