Little Trouble Girls: la recensione dell'opera prima di Urska Djukic in concorso a Berlino

14 febbraio 2025
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Un'adolescente alle prese con l'esplosione dei sensi tipica della sua età, che va contro un'educazione rigida e cattolica. Una delicata opera prima che rielabora la classica storia di formazione fra fiori profumati e sessualità pronta a sbocciare. La recensione di Little Trouble Girls di Mauro Donzelli.

Little Trouble Girls: la recensione dell'opera prima di Urska Djukic in concorso a Berlino

La primavera come esplosione dei sensi, stagione dell’anno ma soprattutto della vita, coincidente con la pubertà e l’irruzione dell’adolescenza. È questo eterno ed archetipico confine da superare di slancio o con paura, con curiosità o in solitudine a rappresentare il cuore letterale e metaforico dell’opera prima della slovena Urska Djukic, fra insistite immagini di fiori che sbocciano e un’atmosfera bucolica che rimanda alla poesia medievale, che sugli amorosi sensi in ebollizione ha scritto tante pagine e versi. Perché la storia di Little Trouble Girls è ambientata fra Slovenia e Friuli ai nostri giorni, ma potrebbe benissimo rimandare al '200 del pieno stil novo, fra un coro femminile e un convento in cui trascorrere un fine settimana per provare a perfezione l’armonia fra le singole voci, mentre la distrazione di alcuni muratori al lavoro crea scompiglio.

Lucia è introversa, la sentiamo qualche volta cantare, poche volte dialogare con le sue colleghe, ma per la maggior parte del tempo la vediamo in primissimi piani sul suo volto dolce di ragazza curiosa e spaventata, mentre diventa amica di un’altra giovane in un coro solo femminile di una scuola cattolica. Ana-Maria è decisamente più smaliziata di lei, ama flirtare e provocare, mentre Lucia ha un’ingenuità che sembra quasi provenire da un altro mondo, sicuramente da un’altra età, che la porta a chiedersi e chiedere cosa voglia dire essere innamorata o baciare per la prima volta.

Archetipica storia di formazione al femminile, Little Trouble Girls è costantemente addosso alla sua protagonista e alle sue compagne, allarga appena lo sguardo insieme a una Lucia in cerca di risposte e della prima esplosione al cuore, per poter definire una prima volta l’amore e la sua identità in via di formazione. Fra candore e sensualità sceglie la via solare, metaforica e anche un filo già percorsa dal cinema “indipendente”, senza troppo spiegare, con una legittima fiducia nel potere delle immagini e della convincente protagonista (Jara Sofija Ostan), anima pronta a (ri)svegliarsi.

Una storia in ambiente angelico come quello di un ritrovo cattolico, in cui la carnalità naturale di giovani adolescenti fa irruzione senza forzature, fra la comunione di opposti come la selvaggia sfrontatezza di Ana-Maria e la timidezza di Lucia. Un fine settimana in cui abbandonare la quotidianità che per quest’ultima è rappresentata da un costante controllo in casa da parte di una madre severa e un padre annoiato sul divano. In cerca di un’altra risposta, ancora più atavica, alla domanda se è conciliabile l’amore per la religione cattolica, e la sua incarnazione femminile, la Madonna, e quella voglia di esplorare la carne e il sesso che sta diventando altrettanto insistente. Un periodo di confusione e sentimenti estremi, fra vertigini di spavento e di piacere, raccontati con garbo in un’opera prima che sceglie di partire dalle basi, con semplicità e trasporto.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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