L'accusa: la recensione del dramma di Yvan Attal con Charlotte Gainsbourg e il figlio Ben Attal
Un ragazzo di ottima famiglia e l'accusa di stupro. L'accusa è un film processuale che indaga il rapporto fra sessi e sesso nell'era del MeToo. Diretto da Yvan Attal e interpretato da Charlotte Gainsbourg e il figlio Ben Attal. La recensione di Mauro Donzelli
La complessità del presente. Il cinema francese riesce a raccontare con frequenza i nodi più spinosi della società contemporanea e nel farlo ne abbraccia la complessità, non si ferma alla superficie manichea, spingendosi fino alle zone grigie. Ne è una buona dimostrazione L’accusa, il nuovo film di Yvan Attal che analizza il rapporto fra sessi (e sesso) nell’era del movimento MeToo, in Francia declinato come Balance ton porc. Nel farlo, utilizza un rigore classico di messa in scena, a riprodurre il metodo processuale, evitando slogan e indagando fatti e fragilità. Un giovane è accusato di aver stuprato una giovane nel corso di una festa. È colpevole o innocente? Lei è una vittima o l’accusa nasce da un desiderio di vendetta dopo un rapporto consensuale, come sostiene lui? Punto di partenza elementare per un esperimento di laboratorio influenzato naturalmente da fattori ambientali e umani.
Le vite dei due e dei loro cari sono sconvolte, ogni punto di vista viene messo in discussione. Esiste un’unica verità, come è connaturato all’esistenza stessa del concetto di giustizia? Sono tanti gli interrogativi posti da Yvan Attal, preoccupato di non fornire risposte semplici e sbrigative. Ha scelto come protagonista il figlio Ben, all’esordio come protagonista, proponendo a sua moglie Charlotte Gainsbourg di cimentarsi nel ruolo di madre del suo figlio reale. Altro esordio è quello della giovane vittima, Suzanne Jouannet, che sorprende per l’intensità e la maturità della sua interpretazione, come del resto tutto il cast.
Vittima e accusato si sono conosciuti quella sera stessa, ma i genitori sono legati sentimentalmente. Lui viene da una famiglia della ricca borghesia, è a Parigi per una pausa dei suoi studi ben avviati in una prestigiosa università americana. Lei viene dalla periferia popolare, con una madre ebrea molto praticante. Quello di Attal è uno sguardo che coinvolge i genitori, al centro del racconto come i figli. È un universo intero a venire sconvolto, vengono messe a nudo le assenze di alcuni dei genitori e le eccessive presenze di altri. È una deflagrazione che rimette in questione anche il passato, incidendo sul futuro.
L’accusa è costruito sull’equilibrio e la giustezza di ogni suo elemento, come la bilancia della giustizia calibra ogni parola e inquadratura. Non serve calcare la mano, sono talmente violente le tematiche in questione da non richiedere altro che il tentativo di riflessione, pur mettendo sempre in primo piano l’umanità delle persone coinvolte.
Non è una storia in cui tutto è chiaro, in cui un accusato violento emerge chiaramente da subito. Lo spettatore qui è anche giurato, non un lettore da tabloid in cerca di immediata solidarietà e sdegno. L'elemento forse più interessante de L’accusa, riproponendo una contrapposizione di parole, lo scontro retorico cruciale nella cultura e nel cinema francese. Un piccolo esempio, ma molto attuale nel dibattito di oggi, di come una visione falsata delle cose sia probabile, forse inevitabile, senza ogni elemento sul tavolo. In questo senso il miglior strumento di convivenza creato dalla società rimane quello giuridico, il confronto analitico delle versioni per cercare di rendere giustizia.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito