Il Signor Diavolo è un film horror del 2019 diretto da Pupi Avati, con Gabriele Lo Giudice e Filippo Franchini.
Ambientato nel 1952 nel paesino di Lio Piccolo, nella laguna veneziana, il film racconta le vicende legate all'indagine sull'omicidio di un giovane, Emilio Vestri Musy (Lorenzo Salvatori), per mano dell'amico e coetaneo Carlo Mongiorgi (Filippo Franchini), convinto che il ragazzo fosse in realtà il diavolo. A svolgere l'inchiesta è il funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia, Furio Momentè (Gabriele Lo Giudice), che viene inviato da Roma a Venezia per indagare e cercare di contenere il danno di immagine che l'omicidio a sfondo religioso ha provocato al governo della Democrazia Cristiana, poiché vede il coinvolgimento di una suora e di un sacrestano.
Sul treno Momentè legge gli atti del processo e ha modo di scoprire che il bambino assassinato aveva un volto deforme e un'inquietante dentatura da maiale, aspetto che aveva alimentato le dicerie paesane secondo cui fosse frutto di una relazione tra la nobile madre e un suino selvatico; viene anche a conoscenza delle voci sulla morte della sorellina neonata, presumibilmente sbranata a morsi dal fratello geloso.
In questo panorama si inserisce la morte di Paolino (miglior amico di Carlo), la nuova amicizia del ragazzino con la sua vittima, Emilio, e gli strani consigli dati da quest'ultimo all'amico, che sente la mancanza di Paolino e vorrebbe tornare a sentirlo vicino.
Tutto ciò porta fatalmente alla morte accidentale del papà di Carlo, motivo per cui, il giovane in preda alla rabbia, uccide il coetaneo, credendolo il "Signor Diavolo", appellativo dato dal sacrestano Gino (Gianni Cavina) al maligno durante il catechismo. Il funzionario acquisisce però nuovi elementi rivelati nella deposizione dalla mamma di Emilio (Chiara Caselli), dove la donna spiega che la deformità di suo figlio era dovuta a diverse operazioni e sedute di elettroshock, usate per curare l'epilessia e che la sorellina, malata dalla nascita, era morta per cause naturali. Clara accusava apertamente alcuni sacerdoti e una suora del luogo di aver alimentato le superstizioni popolane che avevano portato all'omicidio di Emilio. Momentè giunge quindi a Venezia e, mentre comincia a investigare, iniziano a verificarsi strani eventi: viene avvicinato da alcuni protagonisti della vicenda, ognuno dei quali intento ad affermare la propria verità. Il funzionario nel corso della vicenda viene sempre più coinvolto a livello personale e, desideroso di capire ciò che è realmente accaduto, deciderà di andare a fondo nell'indagine a suo rischio e pericolo.
Il 2018 è stato un anno importante per Pupi Avati: ha compiuto 80 anni, ha festeggiato i cinquanta di carriera, è stato il Guest Director del Torino Film Festival e ha dato alle stampe il suo nuovo libro, il romanzo che è diventato questo film, pubblicato da Guanda col titolo "Il signor diavolo. Romanzo del gotico maggiore".
Come suggerisce quel titolo, col Signor diavolo il regista bolognese torna all'horror padano e gotico di alcuni suoi celebri film. La fase iniziale della carriera di Avanti è fortemente connotata da titoli di genere e un pizzico di horror si ritrova perfino nei suoi due primissimi lungometraggi: Balsamus, l'uomo di Satana e Thomas e gli indemoniati. Il primo vero grande successo di Avati è poi il successivo e leggendario La casa dalle finestre che ridono, che ha definitivamente lanciato e codificato il filone del cosiddetto "horror padano". Dopo quel film, datato 1976, Avati torna al cinema di generer nel 1976 con Zeder, sorta di bizzarro zombie movie che conta nuovamente Maurizio Costanzo come sceneggiatore. A questi titoli faranno poi seguito L'arcano incantatore (1996) e Il nascondiglio (2007), senza contare la miniserie televisiva del 1995 Voci notturne.
Il signor diavolo è ambientato tra Roma e la Laguna di Venezia, negli anni che vanno dal 1947 al 1952. Sono gli anni in cui in Italia si va affermando il dominio politico della Democrazia Cristiana, e il Veneto è notoriamente una delle regioni più cattoliche d'Italia: ma quegli anni, e quelle campagne raccontate da Avati, sono anche quelli in cui le vecchie superstizioni erano dure a morire. In pratica, il terreno è quello fertile, umido, angoscioso e opprimente tipico delle opere di genere di Avati, che ha scritto la sceneggiatura del film come d'abitudine assieme al fratello Antonio - che gli fa da produttore - e al figlio Tommaso.
Gli effetti speciali sono curati dallo specialista Sergio Stivaletti, mentre la fotografia evocativa del film è firmata da Cesare Bastelli, altro abituale collaboratore di Avati (tra i film che i due hanno realizzato assieme, proprio L'arcano incantatore) e anche lui padano doc, nato a Modena, vissuto a Bologna e residente nelle campagne tra Bologna e Ferrara.
Un sorprendente ritorno del regista bolognese al genere horror, che aveva affrontato quasi quarant'anni fa con esiti memorabili come il cult La casa dalle finestre che ridono, e che sembrava sempre aver considerato con un po' di sufficienza rispetto ad altri suoi lavori. Tratto dal suo romanzo omonimo (modificato nel finale per sorprendere anche i lettori), è un tuffo all'indietro, cronologicamente e tematicamente, in quel gotico padano che contraddistingue il cinema di genere avatiano.
Per noi è una scommessa vinta, a partire dal ritorno degli attori che hanno interpretato molti dei suoi primi lavori, per proseguire con la riuscita creazione di un'atmosfera di inquietudine che resta appiccicata addosso. Forse meno terrorizzante dell'horror del 1976, è in ogni caso un'opera in nero piccola e pregiata, che farà felici i fan e sorprenderà chi non conosce questo aspetto del cinema di Pupi Avati. (Daniela Catelli - Comingsoon.it)
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Il film, tratto dall'omonimo romanzo di Pupi Avati, e segna un ritorno all'horror del regista, che ha dichiarato di volersi dedicare alla rappresentazione dei racconti popolari di paura, un tempo narrati intorno al fuoco.
Sulla possibilità di un sequel del film, infatti, il regista ha affermato di voler realizzare una vera e propria saga ambientata negli stessi luoghi.
Dal Trailer Ufficiale del Film:
Voce off: Pare si tratti di un minore che ha soppresso un suo coetaneo, convinto di uccidere il diavolo!
Giudice Malchionda (Massimo Bonetti): Come si concluse poi l'autopsia?
Voce off: Non si concluse
Padre Amedeo (Alessandro Haber): Nella cultura contadina il diverso, il deforme viene associato al demonio!
Attore | Ruolo |
---|---|
Gabriele Lo Giudice | Furio Momenté |
Filippo Franchini | Carlo Mongiorgi |
Cesare S. Cremonini | Padre Carlo |
Massimo Bonetti | Giudice Malchionda |
Lino Capolicchio | Don Zanini (parroco) |
Chiara Caselli | Vestri Musy |
Gianni Cavina | Sagrestano |
Alessandro Haber | Padre Amedeo |
Andrea Roncato | Prof. Rubei |
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