LA TRAMA DI HENRY
Roma, ma non quella dei papi e delle auto blu. Un'insegnante di aerobica che frequenta poche persone, per di più quelle sbagliate. Un fidanzato tossico e infantile. Un ex fotografo troppo cinico e troppo fatto. Una banda di malavitosi meridionali e una gang di africani impegnati a conquistare il mercato dell'eroina.
Un duplice omicidio e due poliziotti ad indagare: uno un po' anomalo, l'altro troppo normale, risalgono la corrente di una città che parla in varie lingue lo stesso umorismo nero.
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RECENSIONE
L'impressione prevalente è quella di un film arrivato troppo tardi, che ironizza alla Tarantino su un mondo in cui c'è ben poco da ridere, e dove l'assurdo rappresentato non arriva mai al livello reale di una città la cui movida notturna è popolata da scene e personaggi anche più trucidi, malvagi o stupidi. Nessuna rappresentazione di fiction, nemmeno un omicidio a colpi di souvenir del Colosseo, potrà ad esempio arrivare alle crudeli vette di assurdo della storia del pusher fissato coi botti, che la notte di Capodanno, in uno dei quartieri dello spaccio, si è fatto saltare in aria con un intero appartamento trasformato in una santabarbara. (…) Ma, al di là delle nostre personali considerazioni critiche, Henry - come dimostra il premio del pubblico ottenuto al festival di Torino - possiede certamente un suo appeal. E con tutta la carne che mette generosamente al fuoco, in poco più di 80 minuti di durata, era forse inevitabile che qualche pezzo finisse per bruciarsi. (Daniela Catelli)
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