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Non mi lasciare: i protagonisti raccontano la nuova fiction crime su Rai 1 dal 10 gennaio

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Interpretata da Vittoria Puccini, Alessandro Roia e Sarah Felberbaum nei ruoli principali, Non mi lasciare, nuova fiction di Rai 1 in quattro puntata dal 10 gennaio ambientata a Venezia, porta sulla prima rete un tema drammatico come l'abuso dei minori a fini pedopornografici.

Non mi lasciare: i protagonisti raccontano la nuova fiction crime su Rai 1 dal 10 gennaio

Sta per arrivare su Rai 1, da lunedì 10 gennaio per quattro appuntamenti, un nuovo prodotto crime “adulto” della Rai, che conferma la volontà della rete di far crescere il suo pubblico non solo in termini numerici ma anche qualitativi. Prodotta da PayperMoon di Mario Mauri con Rai Fiction, Non mi lasciare porta in prima serata un argomento drammatico come la scomparsa dei minori, adescati sul web e vittime di aguzzini che li portano nell'orrendo mondo della pedopornografia, a cui i poliziotti del CNCPO (Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online della Polizia di Stato) eroicamente cercano di strapparli per restituirli a una vita normale, quando non è, purtroppo, troppo tardi. A condurci all'interno di questo mondo con realismo e insieme delicatezza è una serie che unisce i classici della detection e della suspense all'analisi di protagonisti anch'essi danneggiati, senza eroi duri e puri senza debolezze. In questo caso sono il vicequestore del CNCPO di Roma Elena Viganò, interpretato da Vittoria Puccini e il vicequestore della polizia di Venezia Daniele Vianello, che ha il volto di Alessandro Roia, innamorati da giovani, che si ritrovano 20 anni dopo la sparizione improvvisa di lei che ha lasciato il Veneto senza spiegazioni e si trovano a collaborare in seguito al ritrovamento di una giovane vittima in un'indagine che li metterà a dura prova. A scrivere per il piccolo schermo questa storia sono due campioni della sceneggiatura come Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli, head writers di Gomorra (e autori per la Rai di Maltese – Il romanzo del commissario e Io ti cercherò), e a dirigerla è Ciro Visco, che proprio sul set napoletano della serie dei record ha debuttato come regista nel 2019.

Venezia – Il perché di una location

Non mi lasciare è stato girato in due mesi, proprio quelli del lockdown, che ha facilitato in un certo senso le riprese a causa della mancanza di traffico e di turisti, ed è la prima serie italiana ambientata quasi interamente a Venezia dove la produzione è rimasta per due mesi (con alcune scene a Roma, Milano e nel Polesine), Una Venezia non da cartolina, di cui vengono mostrati con tanto di nome i vari Sestrieri e i luoghi anche meno conosciuti e che diventa una vera e propria protagonista al pari degli attori. Il motivo, dice Mario Mauri, è in parte sentimentale, perché sua madre e la sua famiglia sono veneziani e il produttore ha passato molta parte della sua infanzia nella città a cui è molto legato, ma soprattutto perché “era nostra intenzione di fare un prodotto internazionale e in questi casi o si parte da un romanzo famoso o da un autore, come nel caso de L'Amica geniale e di Gomorra, o si sceglie una location amata e conosciuta in tutto il mondo. Non appena lo abbiamo presentato infatti è stato subito acquistato da Canal Plus, che è entrato in produzione”. Le uniche difficoltà delle riprese, spesso notturne, nella città lagunare, per cui la produzione ringrazia l'aiuto della polizia locale che ha messo a disposizione i mezzi, sono state dovute al freddo: in quel periodo imperversava il Burian, e Vittoria Puccini racconta di una scena in cui per il gelo non è più riuscita a tenere in mano il telefono di scena, che è caduto e si è rotto in mille pezzi, e di aver “invidiato” Alessandro Roia, costretto a correre (con gli anfibi!) in inseguimenti mozzafiato su e giù per le calli, perché “almeno si riscaldava”. Ma tutti concordano sul privilegio di lavorare in una location tanto unica. Non c'è stato nessun limite, concorda come ha detto Roia, perché “non ci sono limiti alla bellezza”.

I temi di Non mi lasciare

Tocca a Maddalena Ravagli raccontare il lavoro di fatto per raccontare fatti tanto drammatici ma purtroppo di attualità. “Tocca un tema importante e universale, quello dell'infanzia, che, anche per chi non ha figli, rappresenta l’embrione della continuità della specie umana. I bambini di oggi rappresentano il mondo adulto di domani. È stato un lavoro particolarmente delicato, io e Leonardo siamo abituati a lavorare col massimo della documentazione possibile e abbiamo passato molto tempo sia alla questura di Venezia che al CNCPO. All’interno di questa fase è stato complicato gestire le informazioni, che raccontano una doppia violenza. In Italia scompare un minore al giorno, si tratta spesso bambini che appartengono a ceti marginali e la cui scomparsa non viene denunciata, perché magari sono figli di famiglie di recente immigrazione o fuggono dalle case famiglia. È un fiume di dolore e gli operatori erano pieni di dolore, tanto che fanno due incontri con gli psicologi a settimana per digerire quello che sono costretti a vedere. Abbiamo scoperto che spesso chi perpetrava la violenza l'aveva subita a sua volta da bambino e abbiamo cercato di raccontare con la massima umanità possibile le vittime di oggi e quelle di ieri che sono poi diventate in alcuni casi gli aguzzini. Vogliamo richiamarci a proteggere l’infanzia di tutti e quello che rappresenta, perché siamo tutti una comunità. L’impegno nell’acquisizione dei dati stavolta è stato più doloroso e psicologicamente impegnativo che in altri casi”.

Il regista Ciro Visco confessa di aver scoperto con questa storia un mondo che non conosceva: “Mi sono approcciato a un argomento che non mi era proprio. Ho sempre vissuto il web in modo positivo, come un mezzo per semplificare la mia vita e ho scoperto improvvisamente che in realtà è un iceberg di cui vedevo solo la parte superiore, scintillante al sole, e che sotto c'era qualcosa di nascosto. Approcciarmi a questo argomento è stato molto difficile e ho dovuto metterci molto coraggio, ho avuto dei momenti di scoramento. Abbiamo tentato di trasformarlo in una sorte di favola nera, è stato complesso. Gli spazi vuoti li hanno riempiti i miei attori e i collaboratori dando il cuore alla storia, io mi sono limitato a prendere questo argomento e dargli luce, a semplificarlo per far capire che dobbiamo prestare attenzione alle cose nuove che non conosciamo. Per me è una favola di speranza, la storia archetipica di un personaggio come Elena e di un bambino che rischia di scendere nella profondità degli abissi, che si congiungono in questa speranza".

Il fascino di una protagonista autentica e complessa: Vittoria Puccini

"Mi sono innamorata di questo personaggio e voglio ringraziare gli autori per la bellissima sceneggiatura con una storia importante, ed è bello che la Rai abbia avuto il coraggio di produrre una storia avvincente e piena di tensione e suspense che penso possa agganciare lo spettatore. Elena è una donna molto capace, una professionista brava, determinata, coraggiosa e particolarmente intuitiva, vede dettagli fondamentali che agli altri sfuggono e anche negli interrogatori – di questo abbiamo parlato con Ciro perché ne abbiamo visti tanti e volevamo rendere questo momento diverso e speciale - crea un’empatia, sa leggere le persone, crea un forte legame anche coi carnefici che si dimostra fondamentale per le indagini, perché con lei parlano. Ma del personaggio mi hanno più conquistato le fragilità, le insicurezze e le paure. Lei ne ha tante, umanamente è spezzata dentro, da uno o più accadimenti del passato che non svela a nessuno, e che con gli spettatori scopriremo solo alla fine della serie. Ho avuto la fortuna in 20 anni di carriera di interpretare tante protagoniste, donne diverse e molto interessanti da portare in scena, la televisione rispetto al cinema ha sempre dato più la possibilità alle donne di ricoprire un certo tipo di ruoli. Certo siamo ancora lontani dalla parità di genere ma trovo che in questo caso la rivoluzione sia sul tipo di donna che viene raccontata, sempre di più si va nella direzione di raccontare non delle eroine, non donne che hanno solo una faccia positiva, ma con fragilità, paure, insicurezz ed errori, si mostra la complessità dell’animo umano scavando anche nelle zone d’ombra. E il fatto che Elena sia un vicequestore donna è un bel segnale".

Il fascino di una serie contemporanea: Alessandro Roia

"Di questa serie mi piace la contemporaneità. Daniele ed Elena sono personaggi dell’oggi, è una storia che coinvolge tutti noi adesso, i personaggi non sono simulacri di un’idea. Il valore aggiunto che mi ha trasportato dentro al personaggio è avere la possibilità di immergermi in una storia di questo tipo, narrata in modo accattivante che possa essere fruito da chi vuole vedere un certo tipo di serialità, calata fortemente nell’oggi, che va fino nella profondità degli abissi del dark web, uno dei temi portanti della storia che raccontiamo".

I due protagonisti, entrambi genitori, concordano sul fatto chele preoccupazioni per i figli alle prese col mondo digitale sicuramente ci sono, ma l'importante è parlare con loro e soprattutto ascoltarli, seguirli e dar loro fiducia, “mantenere – dice Puccini - un rapporto privilegiato da adulti col mondo dell’infanzia, ascoltarli è fondamentale e io spero di saperlo sempre fare, cerco di farmi insegnare qualcosa dai ragazzi, che sono portatori di una verità e una spontaneità che nella vita si tende a dimenticare”.

Da lunedì 10 gennaio dunque appuntamento alle 21.25 su Rai 1 con Non mi lasciare, una serie che riserverà agli spettatori molte sorprese. Al fianco dei protagonisti c'è Sarah Felberbaum (assente in conferenza stampa), nel ruolo di una poliziotta sposata con Daniele, di cui aspetta il terzo figlio, che ritrova l'amica del cuore, Elena, in un incontro di sentimenti che dà spessore ai personaggi e aggiunge sapore alla storia principale.

(foto di Jacopo Brogioni)

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  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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