Piccolo Buddha, film diretto da Bernardo Bertolucci, racconta la storia di Jesse Konrad (Alex Wiesendanger), un bambino di Seattle che vive con la madre Lisa (Bridget Fonda) e il padre Dean (Chris Isaak). La vita della famiglia procede tranquillamente, finché un giorno un gruppo di monaci buddhisti si presenta alla loro porta: il Lama Norbu (Ying Roucheng), a capo della delegazione, afferma che Jesse sia la reincarnazione di un illustre monaco del passato e desidera portarlo con sé in Bhutan per fargli scoprire la religione buddista.
La notizia sconvolge l’esistenza dei Konrad, i quali tuttavia decidono di permettere ai monaci di passare del tempo con il bambino. Nel frattempo Dean - in piena crisi professionale e personale - decide di accompagnare Jesse nel viaggio, nonostante le perplessità della moglie. Un volta arrivato in Bhutan, il piccolo impara le antiche tradizioni che regolano la vita buddhista e instaura un legame speciale con il Lama Norbu, che gli racconta la leggenda principe Siddhartha (Keanu Reeves), colui che poi sarebbe divenuto l’incarnazione del Buddha.
"Avvince il respiro unitario che fonde il gusto meraviglioso dei quadri metastorici con gli inserti inquietanti del nevrotico presente. Tanto da farci scrivere in prima battuta, e qui lo confermiamo, che in Piccolo Buddha ci sono due film; un affresco spettacolare alternato alle sequenze di un "Family Plot" minimalista, De Mille più Antonioni. Si ammira la versatilità delle luci di Vittorio Storaro, non solo nell'evocazione dell'India ancestrale ma anche in quella vibrante Seattle protesa sull'Oceano verso l'Asia; e, ovviamente, si apprezzano le scene e i costumi di James Acheson e le musiche di Ryuichi Sakamoto. Rifulge la bravura degli attori, a cominciare dal formidabile cinese Ying Ruocheng nella parte del "Lama" proseguendo con Keanu Reeves che fa di Siddhartha una stupenda Icona e senza dimenticare i moderni Chris Isaak e Bridget Fonda; nonchè il ragazzino Alex Visendanger e i suoi amichetti orientali, depositari del dono comunicativo di vivere ludicamente un'ineffabile esperienza spirituale. E benchè Bertolucci abbia più volte affermato che la sua opera è il contraltare di Jurassic Park, il che in parte è vero essendo il film incomparabilmente più colto, sofisticato e (vogliamo dire la parola che disturba gli americanofili nostrani?) "europeo", piuttosto che dal buddhismo il nostro ci sembra condizionato proprio da quella particolare forma della cinereligione che ha per fondatore Disney e per profeta Spielberg. Nel senso di puntare a un cinema fatto per incantare grandi e piccini, per attirare frotte di appassionati, creare nuove vocazioni e restaurare in un momento di crisi la prevalenza del grande schermo. Su tale piano Bertolucci ha fatto un viaggio altrettanto straordinario di quello dal marxismo al misticismo, coprendo l'enorme distanza tra il cinema per pochi e il cinema per molti. Con qualche apprensione, tenacemente autoriale, che i molti non diventino troppi." (Il Corriere della Sera, Tullio Kezich, 10/12/93)"Dopo due ore di elegante freddezza o di programmatico colore (non c'è un sospetto di manicheismo nel fatto che Bertolucci e Storaro abbiano scelto per Seattle i toni grigi e blu da sempre associati con la depressione e per l'Oriente i toni più caldi e festosi?) la serena preparazione del Lama Norbu alla morte che sente arrivare e l'immagine della sua testa accanto alla testolina bionda di Jesse nella cerimonia che lo riconosce come una reincarnazione del maestro, sono finalmente due situazioni appassionate e sincere in un film che resta strutturalmente controllato e distaccato anche quando racconta con un tripudio di colori e di effetti speciali, gli episodi della vita di Siddhartha. Si direbbe quasi che Bertolucci, dopo aver costruito un gigantesco parco delle meraviglie orientali, abbia sentito il bisogno di un maggior rigore, di un'autocensura, ritagliando drasticamente quanto di pagano, sontuoso, sensuale faceva assomigliare Piccolo Buddha a L'ultimo Imperatore per restituirlo alla sua dimensione di leggenda. "Se tendi la corda oltre misura si spezza, se la lasci troppo lenta non suona", dice la saggezza buddhista. Ma scegliendo la saggezza della via di mezzo Bertolucci non convince del tutto, non riesce a comunicare, quantomeno allo spettatore laico occidentale, il sentimento di "compassione" su cui si basa il messaggio buddhista. E se il vero finale dei molti del film è la cerimonia che, in un fulgore di riti religiosi descritti con grande sapienza registica, riconosce che il grande Lama si è incarnato in tutti e tre i bambini, la conclusione più toccante è quella che arriva alla fine dei titoli di coda: quando una mano spazza via d'un sol colpo il "mandala" di sabbia pazientemente costruito dai monaci. La vita è fragile, è polvere. Come d'altronde diceva anche il Vangelo. (La Repubblica, Irene Bignardi, 10/12/93)
Il film si basa sull’omonimo romanzo dello scrittore Gordon McGill.
Lo stesso Dalai Lama presenziò alla prima internazionale della pellicola, che si tenne a Parigi nel 1993.
Si tratta dell’ultimo film della trilogia del regista ispirata all’oriente: le prime due sono L'ultimo imperatore (1987) e Il tè nel deserto (1990).
Attore | Ruolo |
---|---|
Jo Champa | Maria |
Bridget Fonda | Lisa Konrad |
Tsultim Gyeles Geshe | Lama Dorie |
Chris Isaak | Dean Konrad |
Jigme Kunsang | Champa |
T.K. Lama | Sangay |
Mantu Lal | Mantu |
Raju Lal | Raju |
Greishma Makar Singh | Gita |
Kanika Panday | Regina Maya |
Rudraprasad | Suddhodhana |
Keanu Reeves | Principe Siddhartha |
Khyongla Rato Rinpoche | Abate |
Sofyal Rinpoche | Kempo Tenzin |
Santosh Bangera | Channa |
Bhisham Sahni | Asita |
Ying Roucheng | Lam Norbu |
Raj Kaur Sachdev | Yasodhara |
Anupam Shayam | Lord Mara |
Domo Tshomo | Ani-La |
Alex Wiesendanger | Jesse Konrak |
Ecco tutti i premi e nomination Nastri d'Argento 1994