Alla vigilia della "Festa del Ringraziamento", il Thanksgiving Day, la quarantenne Claudia Larsen, sull'aereo per Baltimora, ha due crucci: è stata licenziata dal Museo di Chicago dove lavorava come restauratrice, e la figlia quindicenne passerà il week-end con il suo ragazzo. L'incontro con i genitori Adele ed Henry, che gigioneggiano tra loro, e la zia Glady, sorella della madre, è affettuoso, ma Claudia esulta quando arriva Tommy, fratello minore gay. Questi ha portato con sé, anziché il compagno ufficiale Jack, un collega di lavoro, Leo Fish, simpatico e sornione. Frattanto è arrivata Joanne, sorella maggiore di Claudia, insieme al marito Walter Wedman ed ai figli. Costei si lamenta per lo scandalo causato dal fratello "diverso" e ci tiene ad esibire il suo tacchino in antagonismo a quello materno, ma ironia della sorte il pennuto le piomba in grembo mentre lo tagliano e le macchia l'abito.
"A casa per le vacanze si inserisce con piglio risentito nel filone della vita di famiglia di cui Ken Loach fissò le regole fondamentali in 'Family Life'. Nel suo film, la Foster le applica con diligenza: una fotografia disadorna, una duttile recitazione, un racconto che si frantuma in minute osservazioni, un nervosismo che appare, scompare e ritorna, un invito a pensare di meno ai beni di consumo e di più a meritarsi un po' comprensione." (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 15 marzo 1996)"Si può dire "famiglie vi odio", con tutto il veleno surrealista. E si può anche raccontare una riunione di famiglia con un sentimento non dissimile, mescolato però a molto affetto e humour. Come fa 'A casa per le vacanze' che Jodie Foster ha prodotto e diretto da un racconto di Christ Radant adattato per lo schermo da W.D. Richter: un piccolo film divertente, acuto, ben scritto, con un cast di attori globalmente bravi - tra cui spiccano Charles Durning e una spettacolosa Anne Bancroft, oltre alla spiritosa e intensa Holly Hunter." (Irene Bignardi, 'La Repubblica', 18 marzo 1996) "Comincia la giornata, comincia l'abbuffata, e la storia affonda ben presto nel bozzettismo più vieto. Tutti recitano facendo delle smorfie, sport nel quale primeggia Robert Downey jr., attore che funziona solo a condizione che i registi lo leghino a una sedia e lo frustino per impedirgli di sembrare un guitto. Anche Holly Hunter e Anne Bancroft danno fondo a tutta la gigioneria repressa che si nasconde in molti attori, e solo Charles Durning (nei panni di papà Larson) regala qualche momento di ironica verità. Il tema sommerso, e lentamente emergente, del film, diventa quello dei genitori che invecchiando diventano ragazzini: e ai figli, proprio mentre vorrebbero godersi la conquistata indipendenza, tocca accudirli, in un rovesciamento di ruoli prevedibile e abbastanza ovvio. Jodie Foster lo racconta con abbondanza di melassa. Ma la cosa più sorprendente è come un'attrice così brava e sobria (la ricorderete tutti in 'Sotto accusa' e nel 'Silenzio degli innocenti') non sappia tenere a freno i propri interpreti: tutti vanno a ruota libera, sfiorando ben presto l'intollerabile. In quanto al copione, ispirato a un racconto di Chris Radant, è letteratura "provinciale" americana di serie B: per nobilitarla, forse, ci voleva un Altman. Sarà per un'altra volta." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 17 marzo 1996) "La Foster regola il traffico del dare e avere con innegabile humour, ma è chiaro che basterebbe un 'a' per tramutare tutto in tragedia. E pur nel rispetto del già-visto, già-sentito, già-sofferto, già-ricordato, la sceneggiatura di Richter, tratta da un racconto di Chris Radant, è felice per il piccolo punto psicologico con cui cuce storie a corrente alternata, dove la banalità della vita di provincia si scontra con gli scostumati usi di città. Ma la media abbuffata (litigano subito, il tacchino vola in faccia ai commensali) è soprattutto occasione per un concerto di attori ben incrociato nella dichiarata gigioneria, dove nessuno fa la voce solista, ma tutti partecipano al gioco di squadra di stampo teatrale. In scena: Holly Hunter è una bella tempra di nevrotica; i genitori Anne Bancroft e Charles Durning sono caratteriali ed universali, incombono con dolcezza; il gay di turno è Robert Downey jr. che si confessa con orgoglio e guarda avanti, il parente terribile è Steve Guttenberg, l'amico che porterà fortuna è il bravo Dylan McDermott, la zia svitata risponde al nome dell'invecchiata Geraldine Chaplin e Cynthia Stevenson fa la vittima con tristezza e misura. Ma onore e gloria, oltre alla sensibile Jodie Foster, che sparge una lacrima conformista sulla privacy universale, anche alla squadra che sul set ha cucinato 64 tacchini, 74 chili di purea, 130 chili di ripieno, 44 torte, 112 chili di patate dolci, 18 sacchi di dolcetti, 220 litri di succo simil vino: e tutto quello che è avanzato, via in beneficenza. Il film infatti insegna come si può, non come si deve,
- REVISIONE MINISTERO MARZO 1996
tratto da un racconto di Chris Radant
Attore | Ruolo |
---|---|
Holly Hunter | Claudia Larsen |
Anne Bancroft | Adele Larsen |
Claire Danes | Leslie |
Geraldine Chaplin | Zia Glady |
Cynthia Stevenson | Joanne Wedman |
Dylan McDermott | Leo Fish |
Robert Downey Jr. | Tommy Larsen |
Charles Durning | Henry Larsen |
Zachary Duhamme | Walter Jr. |
Steve Guttenberg | Walter Wedman |
Austin Pendleton | Peter Arnold |
Angela Paton | Mary |
Sam Slovick | Jack Gordon |
David Strathairn | Russell Terziak |
Emily Ann Lloyd | Brittany Lace |