La dea del '67, film drammatico diretto da Clara Law, segue le vicende di Jm (Rikiya Kurokawa), un ragazzo giapponese con la passione per i rettili, che colleziona in casa. Un giorno, dopo aver visto il film d’azione Frank Costello faccia d'angelo, si mette alla ricerca della macchina che guida il protagonista: una Citroën DS rosa del 1967. Localizzato il veicolo in Australia, e contrattato il prezzo con il venditore, il giovane si mette in viaggio per raggiungere l’oggetto del suo desiderio.
Una volta arrivato, però, le cose non vanno proprio come si aspettava. Invece di trovare il proprietario dell’auto, che è stato brutalmente ammazzato, c’è una diciassettenne non vedente ad aspettarlo. Insieme e a bordo della Citroën, i due cominciano un viaggio nel deserto passando per luoghi disabitati a dir poco inquietanti. Lungo il tragitto vengono fuori particolari del passato travagliato della ragazza pieni di sofferenza e grande tristezza: una padre e una madre ossessivi che l’hanno cresciuta con il terrore del peccato. Alla fine di questo lungo percorso, la coppia di ragazzi ne uscirà profondamente cambiata…
"Clara Law riesce ad estrarre dal suo copione qualche emozione. Ma è la ricerca dell'invenzione sorprendente, il bisogno di stravaganza ad ogni costo che raggela il film in una specie di manifesto del mélo postmoderno. E la vetta dell'imbarazzo la si raggiunge quando, in una specie di caverna, la povera protagonista ritrova, travestito da abate Faria, l'uomo che le ha fatto così male. Peccato: si sente il bisogno, per citare il titolo della Biennale Architettura, di 'less aesthetics and more ethics'". (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 4 settembre 2000) " Il film ha immagini abbaglianti e ritmo a strappi, ora sospeso, ora accelerato. Clara Law ci porta su un pianeta alieno. Il suo vero 'Mission to Mars' australiano di fine millennio" (Alberto Crespi, 'Film Tv', 25 febbraio 2001)."La regista Clara Law mette in scena un mélo postmodernista all'incrocio tra continenti, culture, storie personali che non si nega alcuna stravaganza. L'effetto che produce su alcuni è quello di un oggetto pretenzioso e piuttosto deprimente. Altri, all'opposto, ne apprezzano il modo di raccontare: frammentato e centrato su immagini di grande effetto emotivo". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica, 25 febbraio 2001) "Peccato per la storia d'incesto della seconda parte, ridondante e mal congegnata. Ma i colori acidi o pastello, le immagini denaturate, gli scorci di Tokio o di deserto filmati con occhio davvero unico da Dion Beebe, operatore anche di Jane Campion, restano un prodigio visivo". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 16 febbraio 2001)"Clara Law, la regista di 47 anni nata a Macao e cresciuta ad Hong Kong, è straordinariamente brava. (...) E' perfetto lo stile del racconto, non fluido ma frammentato in attimi esemplari, non cronologico ma sussultante nel tempo. Anche se nel film non mancano lungaggini, salti logici, un finale sciagurato, persino gli incesti padre-figlia e nonno-nipote esprimono una sofferenza stoica senza volgarità, senza ambiguità". (Lietta Tornabuoni, 'La stampa', 17 febbraio 2001)
Il film è stato presentato al Festival di Venezia nel 2000, dove ha vinto la Coppa Volpi per la Migliore interpretazione femminile a Rose Byrne.
Attore | Ruolo |
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Rose Byrne | Bg |
Rikiya Kurokawa | Jm |
Nicholas Hope | Grandpa |
Elise McCredie | Marie |
Ecco tutti i premi e nomination Festival di Venezia 2000