Il tempo dei lupi, film diretto da Michael Haneke, racconta la drammatica storia di una famiglia. Anna (Isabelle Huppert), insieme al marito Georges (Daniel Duval) e ai figli Eva (Anaïs Demoustier) e Ben (Lucas Biscombe) si recano nella loro casa in campagna per passare del tempo tra la natura. Una volta arrivati, si rendono conto che l’abitazione è occupata da alcuni sconosciuti, che uccidono Georges a fucilate e cacciano madre e figli in malo modo.
Sconvolti, Anna, Eva e Ben cercano aiuto e rifugio nelle case limitrofe, ma tutti li mandano via negandogli qualsiasi tipo di ospitalità. In un ambiente inspiegabilmente ostile e nebbioso, i superstiti faticano a cercare un riparo e del cibo, senza comprendere cosa sia successo per far diventare la gente così egoista. L’unica speranza è l’arrivo di un treno che li porti via da quel luogo pieno di cattiveria…
"A volergli dare un senso univoco, 'Il tempo del lupo' è una storia di formazione e santità. Vi si parla dei 36 saggi della parabola ebraica, citati da Borges: quelli che sulle spalle reggerebbero il peso del mondo. E Haneke aggiunge una leggenda spuria, di purificazione dei mali della Terra attraverso un sacrificio nel fuoco. Malgrado il suo conclamato pessimismo, questa volta il cineasta preferisce chiudere su una flebile speranza. Ma il film somiglia a una malacopia: mentre la sempre brava Huppert, protagonista all'inizio, viene inaspettatamente 'messa in castigo'". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 21 maggio 2003)"Al tedesco Haneke la musa non ha concesso il dono del sorriso. In 'Il tempo del lupo', titolo bergmaniano, vuol fare Bergman e mette in scena una metafora catastrofica a sfondo misticheggiante. (...) Fra orde di profughi affamati, in attesa di un treno che solo un miracolo farà apparire, Isabelle si perde nel mucchio e non ci permette di capire come mai si trovi coinvolta in un film che nulla può aggiungere alla sua gloria". (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 21 maggio 2003)"Bruciano i fischi della stampa quando piovono su un film presentato al Festival di Cannes. Parte dunque male il cammino del 'Tempo dei lupi'. (...) Peccato perché il soggetto de 'Il tempo dei lupi' è interessante: il crollo della civiltà in Francia per cause che il film tace. (...) Haneke non vuol fare religione e nemmeno fantascienza e così non sfrutta il soggetto, suo, con un'adeguata sceneggiatura, sempre sua. Non brilla nemmeno nel dirigere gli attori: a metà del film la Huppert scompare dallo schermo e poi la dimensione corale non fa per il crudo intimismo hanekiano. E poi, per annunciare l'apocalisse ora, il regista austriaco non aveva evidentemente molti soldi". (Giorgio Gandola, 'Il Giornale', 21 maggio 2003) "Torna il regista de 'La pianista' e anche stavolta sorprende. (...) Niente di nuovo, ma in tempi di 'Kill Bill' questo cinema asciutto fa bene alla salute. Più metafisico e meno matematico che in passato, Haneke chiede allo spettatore di illuminare le zone d'ombra del racconto. Molto anni '70, con le star che si mischiano ad attori sconosciuti e bravissimi. Un film posseduto da una insensata voglia di ricominciare, con un finale sorprendente in cui anche i lupi dimostrano di avere un cuore. L'opera più ottimista di un grande pessimista." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 4 giugno 2004) "A mio avviso, smentendo il detto 'non c' è due senza tre', quando Michael Haneke si farà vivo per offrirle un altro film, Isabelle Huppert farebbe meglio a trovare una scusa. È vero che il regista le ha fatto vincere la palma a Cannes e altri premi con 'La pianista' (2001), ma a quale prezzo? Un sinistro ruolo di mantide sessuale, con situazioni a dir poco degradanti. E per 'Il tempo dei lupi' il prezzo pagato dall'attrice è stato ancora più oneroso: interminabili nottate in un ambiente campagnolo poco accogliente, botte di freddo e marce per il fango, disagi e tristezze. Se è dura per lo spettatore trascorrere due ore davanti a un tale contesto, figuriamoci la sofferenza dei malcapitati interpreti che hanno dovuto starci dentro due mesi. Mi pare impossibile che Isabelle, messa di fronte al risultato, non sia stata tormentata dal dubbio se davvero ne valeva la pena. Simili fantasmagorie apocalittiche, che potevano esercitare una vaga suggestione in tempi più tranquilli, oggi non scuotono nessuno. Per quanto riguarda la paura del futuro, basta e avanza il telegiornale. Se qualche brivido si può provare di fronte alle catastrofi iperrealistiche dei colossi americani come 'L'alba del giorno dopo', le apocalissi poveriste all'europea non riescono convincenti. E poi c'è da aggiungere che a Haneke, la Musa ha concesso vari doni, non quello dell'ironia. Sicché in 'Il tempo dei lupi', come suggerisce il titolo bergmaniano, si impegna tutto serio a scimmiottare un certo Bergman di 'La vergogna' allestendo una metafora misticheggiante te
Il film è stato presentato fuori concorso al 56mo Festival di Cannes nel 2003.
Attore | Ruolo |
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Isabelle Huppert | Anne |
Patrice Chéreau | Thomas Brandt |
Lucas Biscombe | Ben |
Béatrice Dalle | Lise Brandt |
Anaïs Demoustier | Eva |
Daniel Duval | Georges |
Marilyne Even | Signora Azoulay |
Olivier Gourmet | Kowsloski |
Florence Loiret | Nathalie Azoulay |
Brigitte Roüan | Bea |