Edhel è una bambina nata con una malformazione del padiglione auricolare che fa apparire le sue orecchie "a punta". Affronta il disagio chiudendosi in se stessa e cercando di evitare qualunque rapporto umano che non sia strettamente necessario. La scuola e i compagni, per lei, sono un incubo. L'unico posto in cui si sente felice è il maneggio in cui Caronte, il suo cavallo, la aspetta tutti i pomeriggi così come faceva con suo padre prima che morisse in un incidente di gara. Edhel vive con la madre Ginevra. Il rapporto tra le due è difficile e conflittuale. Ginevra preme perché la figlia si operi, correggendo quel difetto che la separa da una “normalità” convenzionale. Lo desidera per il bene della figlia, affinché possa essere felice come le sue coetanee. L'incontro con Silvano, il bizzarro bidello che inizia Edhel al mondo del fantasy, convince la ragazza della possibilità che quelle orecchie siano il chiaro segno della sua appartenenza alla nobile stirpe degli Elfi. Da quel momento in poi, Edhel inizierà a credere nella magia di poter essere finalmente se stessa.
Un Wonder all'italiana, dove la chiave per il superamento delle proprie paure e dell'accettazione altrui della nostra diversità non sta nell'abbandonare la fantasia (lì quella spaziale) ma nell'inseguirla testardamente. Perché Edhel, la protagonista dalle orecchie da elfo che da il titolo al film, trova proprio nella sua fantasia (nel fantasy, anzi) e nelle amicizie sincere (come in Wonder) la chiave per risvolvere i suoi problemi e superare i suoi complessi. Un piccolo film, un po' ruvido, ruspante, imperfetto e molto ingenuo: ma di un'ingenuità buona e onesta, che lo libera dalle più furbe retoriche della commozione. (Federico Gironi)