Paola Cortellesi non usa mezze parole: i social sono pericolossimi, soprattutto per i teenager
In una lunga intervista con il Corriere della Sera, l'attrice e regista Paola Cortellesi commenta il successo del suo film C'è ancora domani e condivide un pensiero molto importante.
Il successo del film C'è ancora domani è sotto gli occhi di tutti. Ha superato al nostro box office film come Oppenheimer e Barbie ed è entrato nella top ten dei film più visti di sempre in Italia e nella top five per i titoli italiani. Paola Cortellesi che lo ha interpretato, co-sceneggiato e diretto non si aspettava questo incredibile abbraccio (meritatissimo) da parte del pubblico.
Paola Cortellesi: i diari che non ha mai scritto e quei pericolosissimi social
Nell'intervista di Walter Veltroni per il Corriere della Sera, l'attrice e regista racconta di sé e del suo passato, partendo proprio dall'infanzia. Essendo nata il 24 novembre del 1973, gli anni 40 che racconta nel suo film C'è ancora domani li ha ricreati sulla base dei ricordi dei suoi genitori, la madre sarta e il padre ispettore di commercio. A proposito di cosa scrivesse da piccola, se già si intravedesse una personalità autoriale e se teneva dei diari per custodire i suoi segreti, così risponde Paola Cortellesi:
Mai tenuto. Me li regalavano le zie. Magari li iniziavo ma poi mi stufavo, anzi mi vergognavo. Se li ritrovassi sarebbero un rosario di incipit. Non faceva per me. Mi sembrava di dover rendere conto al diario di quello che facevo o pensavo. E poi, in generale, le confidenze mi sembrava più prudente affidarle alla caducità dell’istante, non renderle eterne sulle pagine di un diario con i fiorellini
L'attrice spiega anche la genesi del film e il desiderio di raccontare la storia di quelle donne del passato che non avevano scelta ed eracno costrette a subire. Il film cerca anche paralleli nel mondo odierno, perché l'attualità della tematica affrontata, e lo fa con la musica moderna che accompagna la storia. L'intervista tocca anche la modernità del nostro tempo, rappresentata dai social network, in un certo sensi i diari di oggi. Questo il pensiero di Cortellesi:
Li trovo pericolosi. Io li utilizzo per promuovere il mio lavoro o condividere cose belle o divertenti, ma non capisco perché debbano essere la vetrina della propria vita personale. Che senso ha esporsi, per come ti vesti o come mangi, al giudizio di persone che non conosci? Mi preoccupano soprattutto gli adolescenti, il cui impatto con la vita, nella stagione della loro formazione, avviene in un clima di tribunale permanente. Non tutti hanno la forza di superare critiche feroci e derisioni. Avere un “pubblico”, a quattordici anni, è pericoloso, molto pericoloso.