Nel degradato ambiente che circonda la Stazione Termini vive Paola uscita da poco dal carcere: le mancano sempre i soldi per i piccoli acquisti, e si prostituisce occasionalmente per mangiare e fare qualche regaluccio al figlio Chicco, due anni, che un Istituto tiene in custodia essendo lei inaffidabile come madre. Nello stesso ambiente vive Eugenio, che ruba le elemosine nelle Chiese, e frequenta amici ladruncoli e, pur non drogandosi, sovente abbonda con l'alcool. La figura umana e comprensiva di un sacerdote, che lo sorprende a rubare e non lo denuncia incoraggiandolo a tentare una svolta, sembra fornire ad Eugenio un impulso positivo, che si rassoda allorchè, dopo un fortuito incontro alla mensa della Caritas con Paola, con costei tenta di costruirsi una vita "normale". Eugenio trova un ricovero nell'attico di una fabbrica sotto sequestro, e un lavoretto come raccoglitore di cartone; Paola, approfittando di un incendio e relativa confusione, ha rapito il figlio. Ma l'arresto di un loro amico che conosce il nascondiglio atterisce Paola al punto da convincere Eugenio a rubare un'auto e portare l'improvvisata "famiglia" in Puglia, dove ha un amico che lavora ad un Luna Park. Ma anche qui non c'è lavoro, ed Eugenio, per trovare i due milioni per espatriare clandestinamente in Grecia, partecipa ad una rapina ad un supermarket in cui resterà mortalmente ferito, mentre Paola col piccolo si imbarcherà verso un precario futuro.
Amara storia di una realtà purtroppo più che attuale. La frequentazione dell'ambiente in cui si muovono i personaggi, dà a Pozzessere la possibilità per guardarli "da dentro", ma per un verso o per l'altro ristagna, su tutta la pellicola, a parte alcune ingenuità narrative (il finale soprattutto), un'aria da film laboratorio, da scuola di regia da cui non ci si riesce a liberare. La Ponziani, ad esempio, è una buona attrice, ma, col suo aspetto sembra alquanto improbabile come povera emarginata. Più convincente il bravo Dionisi, che trova il tono giusto per ogni sequenza, vuoi desolata, vuoi tenera, vuoi drammatica, che per altro si distingue per l'impegno sociale di denuncia e per la credibilità della sceneggiatura, almeno nell'ambito urbano. Ben disegnato il sacerdote da Tito Schipa junior, senza fronzoli pietistici, e ben caratterizzate le figure di contorno. Pozzessere dovrebbe trovare, proseguendo il cammino della regia un discorso veramente personale, badando più al ritmo spesso impulsivo e disordinato dell'"ispirazione" che non alla preoccupazione di essere un buon "neorealista" moderno. Alcune sequenze rendono il film discutibile. (Segnalazioni Cinematografiche)La denuncia di "Verso sud" nasce così da dentro, vola alto, parla a nome di tutti gli umiliati e offesi con le armi espressive di un cinema misurato, civile e anche raffinato. (Maurizio Porro, Il Corriere della sera)
DAVID DI DONATELLO 1993 PER MIGLIORE ATTRICE AD ANTONELLA PONZIANI.
Attore | Ruolo |
---|---|
Luciano Curreli | Claudio |
Stefano Dionisi | Eugenio |
Irene Grazioli | Teresa |
Antonella Ponziani | Paola |
Pierfrancesco Pergoli | Chicco |
Tito Schipa Jr. | Il Prete |
Luigi Santamaria | Stefano |
Lucio Zagaria | Franco |
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