Carol White vive col marito Greg nella California del sud: tutto procede secondo le abitudini di una coppia ricca e le sue preoccupazioni sono, a parte una certa stanchezza nei rapporti coniugali, l'arrivo dei nuovi divani o le chiacchiere con le amiche. Ma un giorno inalando i gas di scarico di un furgone, Carol ha un improvviso attacco di asma: il medico le riscontra una leggera irritazione cutanea ma le analisi non segnalano nulla di irregolare. Ma i disturbi continuano: epistassi, cefalee, vomito. Il medico pensa ad una malattia psicosomatica e consiglia lo psicanalista. Al compleanno di un'amica ecco di nuovo l'asma, e lei decide di frequentare dei corsi proposti da un'organizzazione che si interessa alle allergie cosiddette di ambiente. Partecipando ad una riunione ascolta varie testimonianze di situazioni analoghe alla sua. Fa anche delle prove allergologiche, che documentano la sua reattività a diverse sostanze. Deve ad esempio evitare tutti i profumi e cambiare i tanto attesi divani di casa. Vive ormai circondata da pillole e intrugli, ma quando entra nella lavanderia che stanno disinfettando, ha una crisi respiratoria gravissima e viene ricoverata.
Per questo Safe, nella sua deliberata ambiguità (niente posizioni nette: ognuno è quel che è, e basta), acquista una impressionante forza metaforica. Anche se nulla vieta di prenderlo alla lettera. Del resto, ogni epoca ha i suoi mali. Alla fine del secolo scorso c'era l'isteria. Poi arrivarono Charcot, Breuer, un certo dottor Freud, e le cose cambiarono. Alla fine di questo secolo il male di vivere si somatizza sotto forma di allergia. Fra qualche anno magari si parlerà di Safe come primo film dedicato all'epidemia delle allergie. Ma non aspettate quel momento per vederlo. (Il Messaggero, Fabio Ferzetti, 15/1/96)Safe, un po' lungo, si alimenta di una tensione costante, a tratti cronenberghiana, che allude con atmosfere sospese e un po' alla Egoyan e senza pedanteria metaforica al malessere interiore, all'inquietudine sotterranea di Carol - una bravissima Julianne Moore già vista in Vanya sulla 42a strada - colpita dall'inconsapevole incapacità di accettare la vita "normale" contemporanea. (Il Mattino, Alberto Castellano, 3/2/96)Un film tutto intelligenza, perciò, e, nonostante i suoi modi quasi felpati, dagli effetti fortissimi. Lo domina, adeguandosi perfettamente ai suoi climi, l'interpretazione di Julianne Moore, vista di recente in Nine months e in Assassins. Qui sembra spesso la piccola ragazza fragile tra le zampe enormi di King Kong: solo che King Kong non si vede e, quindi, incute più terrore. (Il Tempo, Gian Luigi Rondi, 28/1/96)
Attore | Ruolo |
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Xander Berkeley | Greg White |
Peter Friedman | Peter |
Julianne Moore | Carol White |