Placido Rizzotto, film drammatico diretto da Pasquale Scimeca, racconta la storia di Placido Rizzotto (Marcello Mazzarella), segretario della Camera del Lavoro, misteriosamente scomparso alla fine degli anni Quaranta a Corleone. Tutto ha inizio quando il giovane decide di tornare nel comune siciliano dove è cresciuto, capendo che tutto è rimasto invariato: gli abitanti si guadagnano da vivere lavorando la terra, ma sono costretti a sottostare ai soprusi delle mafie che gestiscono i campi e i loro affari. Proprio per cercare di cambiare la situazione, Placido comincia a instillare nei cittadini il coraggio di reagire e ribellarsi. Lia (Gioia Spaziani), la donna che lo ha sempre amato, gli chiede di abbandonare la causa e andarsene via con lei.
Quando finalmente i contadini occupano le terre, tuttavia, l’uomo scompare nel nulla. Tra i principali sospettati dell’attentato c’è Luciano Liggio (Vincenzo Albanese), conosciuto da tutti come lo sciancato. Sarà il capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa (Arturo Todaro) a condurre le difficili indagini…
"Con una materia tanto incandescente poteva uscirne un'ennesima similpiovra o uno scontato docudrama alla Giuseppe Ferrara. Trappole che Pasquale Scimeca ha evitato, scegliendo una strada ardua e bellissima: raccontare la storia di Placido, 'uomo dei sogni', alternando le cadenze epiche del teatro dei pupi al cinema di poesia di Pasolini allo straniamento brechtiano. Ma senza ombra di intellettualismo e con uno straordinario lavoro su e con gli attori. Tutti, tranne il siculo-parigino Marcello Mozzarella, semisconosciuti". (Sandro Rezoagli, 'Ciak', ottobre 2000)"(...) E' una commistione indovinata di generi nostri che affondano le radici nelle favole vere dei cantastorie, nelle dolorose sceneggiate, nella denuncia del documentario, girato in interni ben visibili, come si usava una volta in tv (...) Scimeca ci offre una cronaca ma anche un ripensamento, perfino una metafora del povero che lotta, una ballata, un'opera tragica dei pupi fatta di realismo magico, ma anche di antropologia di quella terra, nell'arco espressivo che da Rosi arriva ai 'bravi ragazzi' di Scorsese". (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 28 ottobre 2000) "Tutto suona autentico in 'Placido Rizzotto'. E tutto sa al contempo di mito: l'amore impossibile di Rizzotto e di una nipote di Liggio; la bara del pastorello ucciso, portata a spalla dal padre gigantesco; il rapimento stesso del protagonista. 'I film di mafia sono i nostri western', dice Scimeca. E come i western, o le fiabe della tradizione orale, dovrebbero far parte della nostra memoria collettiva. Anche se a raccontare certe favole oggi si resta soli, come si vede nell'ultima, struggente inquadratura". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 20 ottobre 2000) Dalle note di regia: "Quello che ho cercato di cogliere con questo film è la frattura che si determina tra le generazioni in certe particolari condizioni della storia. Padri e figli che si parlano e non si capiscono più. Sconvolgimenti sociali (e politici) che scuotono dalle fondamenta ordini secolari costituiti, fin dentro le stesse famiglie.""La condanna a morte di Placido è eseguita con tutta la truculenta dell'odio personale da Lucio Liggio, detto lo sciancato, che desiderava Lia da molto tempo e, prima del delitto, l'ha violentata. E' a proposito di questo episodio che si affaccia la prima riserva sul film - bello, potente e ben diretto - di Scimeca. Con un'inattesa ambiguità, la sequenza dimostra la ragazza che prova piacere allo stupro, secondo un vecchio pregiudizio che speravamo sepolto. Gli altri appunti che si devono muovere al film sono il commento musicale, invadente e pompieristico al punto da togliere drammaticità all'immagine, anziché aumentarla, e l'ingenua coda didascalica". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 22 ottobre 2000) Dalle note di regia: "Da ragazzino, frequentando la camera del lavoro del mio paese, ascoltavo le storie dei vecchi che citavano spesso il nome di Placido Rizzotto e di Salvatore Carnevale. E' stato normale, per me, dopo molto tempo, ricostruire quei fatti in un film. Avevo cinque o sei anni e nella campagna vicino al mio paese i fratelli Taviani e Valentino Orsini stavano girando 'Un uomo da bruciare'. Andai a vedere il set e rimasi colpito dalla grande quantità di proiettori che servivano per illuminare il giorno".
Il film è stato presentato al Festival del Cinema di Venezia2000, nella sezione Cinema del Presente, dove ha vinto il Premio FEDIC.
Nel 2001 ha ricevuto tre nomination ai Nastri d’Argento.
Attore | Ruolo |
---|---|
Marcello Mazzarella | Placido Rizzotto |
Vincenzo Albanese | Lo Sciancato |
Carmelo Di Mazzarelli | Carmelo Rizzotto |
Gioia Spaziani | Lia |
Arturo Todaro | Capitano Dalla Chiesa |
Franco Catalano | Giovanni Pasqua |
Biagio Barone | Pasquale Criscione |
Ecco tutti i premi e nomination Nastri d'Argento 2001