La signorina Cenci Lisi Elisabetta figlia del fu Ippolito, grande invalido e studioso emerito, vive in quel di Lucca circondata dall'affetto di tre suoi nipoti: Giovannino, ex aspirante al seminario, attaccato allo studio e probabile erede del cervellone del nonno; Marco giovane impetuoso, facile a seguire le effervescenze dell'Italia delle sanzioni e dell'impero, Ippolito dalla fisionomia incerta. I tre ragazzi trovano, presso la villa rimasta per ora nelle mani della zia, comodità e soddisfazioni; tutti gli altri parenti capeggiati dal nipote Andrea, commissario fascista, intendono diseredare Elisabetta accusandola di pazzia. In occasione della guerra di Abissinia e di quella spagnola, i tre nipoti passano la visita di leva e fanno domanda come volontari. Per impedire loro di prendere parte ad azioni di guerra inutili e facilmente suicide, la zia diviene l'amante dei ragazzi. Rimproverata da don Vittorio, Elisabetta li licenzia quando sono finite le ostilità e prende sotto la tutela Nazareno, nipote spurio e autentico erede del cervello del defunto Ippolito. Ma i ragazzi rinnovano la domanda e partono insieme a Nazareno, incluso nelle liste per un trucco di Andrea. La zietta si presenta alla stazione predicando l'amore al posto della guerra e denunciandosi. Offre, in tal modo, una facile dimostrazione della propria pazzia e una scusa ai suoi nemici per farla interdire e internare.