Un ricco vedovo inglese, proprietario di piantagioni in India, ripudia l'amante indigena attirandosi sul capo la sua maledizione. Risposatosi (durante un breve soggiorno in patria, con una connazionale), l'uomo torna in India dove lo attendono il figlio avuto dal precedente matrimonio e un vecchio servitore indiano. Psichicamente tarato, come tutti i membri della sua famiglia, con la coscienza oppressa da un terribile peso (fece morire suo padre segregandolo nei sotterranei della casa), turbato dalla maledizione dell'amante, l'uomo è convinto che l'indiana, suicidatasi mentre egli si trovava in Inghilterra, si sia reincarnata per vendicarsi di lui, in una tigre, perennemente in agguato nella giungla che lambisce l'abitazione. Ossessionato dai suoi ruggiti, stravolto da allucinazioni (gli è sembrato più volte di scorgere il fantasma dell'amante), l'inglese decide di dar la caccia all'animale. Nella battuta, però, il servo indiano muore e l'inglese si salva a stento dagli artigli della tigre. Giunto ormai sull'orlo della pazzia, l'uomo uccide la moglie e il figlio, indi attende che la belva venga a dargli la morte.
Sceneggiato e diretto con scarsa padronanza del mestiere, il film annaspa nel vano tentativo di creare suspense. Goffaggine espressiva e gratuita sensualità caratterizzano il men che mediocre prodotto. (Segnalazioni Cinematografiche).