Il dodicenne Antoine, stregato dalla prorompente femminilità di una opulenta parrucchiera alsaziana, si ripresenta con eccessiva frequenza da lei col pretesto del taglio dei capelli, ma in realtà per spiarne, turbato, le forme, e abbandonarsi con precoce morbosità alle prime esperienze olfattive e tattili. Ormai cinquantenne, è ancora in preda a tali turbamenti adolescenziali, a spiare i gesti e le forme della bella Mathilde, anche questa parrucchiera. La sposa e trascorre il proprio tempo dentro le quattro anguste pareti del locale dove Mathilde lavora, senza mai distogliere lo sguardo da lei, che ne ricambia i sorrisi, e contrappuntandone di soppiatto, appena può, i gesti carezzevoli fra shampoo e lozioni, forbici e pettine intorno alla testa del cliente di turno, con morbose manipolazioni sul corpo di lei, che ne è estasiata. Unica alternativa le buffe contorsioni di Antoine, che distrae i clienti con le sue esibizioni di goffo danzatore. Lo spazio chiuso del locale diventa così il loro habitat diurno e notturno e l'unica cornice dei loro rapporti amorosi, alternati da stravaganti orge a base di colonia e dopobarba; ma anche la prigione dentro la quale diventa ossessivo quel loro concentrarsi unicamente sull'erotismo, fino a farne un assoluto. Improvvisamente Mathilde si suicida ossessionata dal terrore che possa accaderle un giorno di non esser più desiderata.
Il cinema di Patrice Leconte, film dopo film, somiglia sempre più a quello di Francois Truffaut. (Claudio Siniscalchi, La Rivista del Cinematografo) "Il marito della parrucchiera", curato nella fotografia, sapiente nello scorrere delle inquadrature, esige la partecipazione d'uno spettatore innamorato, al pari del regista Leconte, d'un soggetto tanto fragile e inconsueto, in bilico tra il patetismo dell'ossessione erotica e il perfezionismo d'un sentimento destinato a tramutarsi in tragedia. Il film conferma le qualità di Patrice Leconte e delle sue parabole sulla vita impossibile che lo accomunano, nell'invenzione costante, a due grandi del cinema francese come Alain Cavalier e Robert Bresson. (Alfio Cantelli, Il Giornale) Patrice Leconte migliora. Prima nel cinema francese, si era dato solo all'intrattenimento, anche facile, poi ha sorpreso tutti a Cannes con Monsieur Hire, oggi, con questo film curioso, astratto e più sognato che non reale, sorprende forse anche di più, e con impegni sottili. (Gian Luigi Rondi, Il Tempo) Si può riflettere senza parzialità sull'originalità e sulla delicatezza di questo film lirico e intenso, ispirato a Truffaut e condotto con mano gentile. Il film di Leconte ha una sua levità di tono tutta particolare, che non cancella la profondità della riflessione ma la porge allo spettatore con garbo sottile e complice ironia. (Mirella Poggialini, L'Avvenire)
Attore | Ruolo |
---|---|
Jean Rochefort | Antoine |
Anna Galiena | Mathilde |
Roland Bertin | Padre Antoine |
Maurice Chevit | Agopian |
Philippe Clevenot | Morvoisieux |
Albert Delpy | Donecker |
Ticky Holgado | Genere Morvoisieux |
Yveline Ailhaud | Madre Di Antonine |
Claude Aufaure | Cliente Omosessuale |
Julien Bkowski | Uomo Triste |
Youssef Hamid | Cliente Tunisino |
Henry Hocking | Antoine A 12 Anni |
Michèle Laroque | Madre Adottiva |
Jacques Mathou | Signor Chardon |
Pierre Meyrand | Fratello Antoine |
Thomas Rochefort | Edouard Bambino |
Laurence Ragon | Signora Chardon |
Anne Marie Pisani | Signora Sheaffer |
Arlette Tephany | Cognata Di Antoine |
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