The Net, il calcio per gli italiani, serissimi cialtroni: incontro con il regista della serie Volfango De Biasi
Il mondiale di calcio è appena finito ma niente paura per gli appassionati, da stasera la serie The Net racconta la passione per il gioco più popolare per gli italiani. Ne abbiamo parlato con il regista Volfango De Biasi.

Il calcio non ha confini geografici, al massimo quelli della passione se non del tifo. Proprio sulla scia delle grandi scosse emotive per i mondiali del Qatar, anche se non tutte positive e che ci hanno visto come paese osservante, arriva in tre prime serate su Rai 2, da stasera martedì 20 dicembre, The Net - Gioco di squadra. Capitolo italiano di un racconto sviluppato anche in Austria e Germania unite dallo stesso tema e dalla palla rotonda più amata nel mondo, con alcuni personaggi chiave che ritornano nelle tre serie.
Per l’Italia è Cross Productions a co-produrre con Das Netz GmbH. La regia è di Volfango De Biasi e Lorenzo Sportiello, nel cast Alberto Paradossi, Gaetano Bruno, Maurizio Mattioli, Massimo Ghini, Raymond Thiry, Galatea Renzi, Orso Maria Guerrini, Massimo Wertmuller, Beatrice Arnera.
Abbiamo intervistato il regista dei primi tre episodi, Volfango De Biasi.
Come nasce il tuo coinvolgimento in The Net?
Penso mi abbiano proposto di collaborare per l’esperienza con il calcio dietro le quinte sviluppata con il documentario e poi il film Crazy for football, per raccontare il nostro essere grotteschi nei confronti di questo sport. Il modo molto serio di essere irresponsabili che abbiamo noi italiani, di essere leggeri anche vivendo in maniera terribilmente seria delle cose leggere. Una peculiarità dell’essere italiani. Le altre serie, quella austriaca e quella tedesca, incarnano invece l’anima dei paesi che le hanno raccontate. Noi siamo dei serissimi cialtroni. Arrivando come regista dei primi tre episodi - mentre gli altri tre sono diretti da Lorenzo Sportiello - mi è piaciuto particolarmente scegliere il cast e le location, concentrarmi sull’atteggiamento infantile di un gioco da bambini che diventano adulti, in cui gira tanto denaro. Dietro ci sono gelidi businessman che manovrano in maniera oscura. Ci sono passioni puerili, magari improbabili, amori e donne. Insomma, è una commedia seria, per tutti. C’è poi anche il sogno rappresentato da Kenneth, un giovane calciatore africano pieno di speranze che esordisce proprio nella partita decisiva con cui iniziamo la prima puntata. Persone come lui incarnano la parte più bella del calcio.
Qual è il suo rapporto con il calcio?
È una passione per me, il calcio che ho giocato fin da bambino, pur avendo i piedi dispari, come dicevamo una volta. È insostituibile il sapore del tè caldo, dell’olio canforato, dello spogliatoio. Poi crescendo si gioca molto di meno, ma la passione c’è sempre. È una comunicazione nazional popolare insostituibile. La partita la vediamo con amici oggi seri professionisti e per 90 minuti perdiamo la testa, siamo tutti allenatori e ci guardiamo la squadra del cuore o la nazionale. Adesso siamo orfani dei mondiali e lo saremo per dodici anni, anche se l’europeo ce lo siamo portati a casa. Continuo a seguire poi la nazionale dei matti che ho contribuito a creare e continuo a sponsorizzare. Devo dire per che mi piacerebbe avere sempre 20 anni per giocare dall’alba al tramonto.
Non sono momenti facili per la commedia italiana
La commedia come il melodramma o il musical non morirà mai. C'è questa assurda idea che sia facile farla. Rispondo con Alberto Sordi che parlando con uno sceneggiatore che gli diceva che stava scrivendo un film drammatico gli disse, "allora te riposi". È un esercizio stilistico alto e molto complicato, vittima di un atteggiamento che ancora divide fra cultura di serie A e serie B. C'è una tale offerta sulle piattaforme e sulle reti televisive che andare in sala a vedere un bel film italiano è un exploit, per il resto si vedono blockbuster. Ma la commedia non è affatto morta. Sopravvive come dimostrano gli ascolti televisivi sempre stratosferici. Magari gli spettatori non vanno in sala a vederne una fra l'enorme offerta pensando che dopo poche settimane la possono vedere altrove.