Il metodo Catalanotti, la sbandata sentimentale di Montalbano, sarà l’ultimo della serie?
Un anno drammatico per il mondo e difficile anche per la serie del commissario Montalbano, dopo la morte di Andrea Camilleri e del regista Alberto Sironi, arriva ora un nuovo film, Il metodo Catalanotti. Sarà l’ultimo?
Trentasette film in vent’anni e poco più. Il commissario Montalbano si è affacciato in televisione con una certa circospezione, per poi diventare un vanto per la RAI, un successo enorme ogni volta che viene proposto, che sia per la prima o l’ennesima volta, mantenendo ascolti, anche nelle repliche, senza precedenti. È stato un anno difficile per il mondo, ma anche per la squadra ben affiatata di Montalbano, con la morte di Andrea Camilleri e del regista storico Alberto Sironi, seguita poco dopo da quella dello scenografo, Luciano Ricceri.
Un momento cruciale, per una serie definita da Maria Pia Ammirati, neo direttrice di Rai Fiction, “una grande favola italiana, un grande giallo che ci accompagna da vent’anni, è in qualche modo un testimonial della fiction RAI non solo italiano, ma conosciuto in tutto il mondo, un circolo virtuoso del glocal che parte dalla Sicilia. Nel ricordo di Alberto Sironi, regista della serie mancato durante le riprese del film. Il nuovo film, Il metodo Catalanotti, in onda su Rai Uno l’8 marzo, presenta nell’ironia del grande personaggio una crepa che darà qualche emozione del sentimento, non sarà più il Montalbano tutto di un pezzo, quello di una bella nuotata mattutina. C’è una novità umana e sentimentale, e anche una nuova veste e personalità.”
Sono rimasti ancora due libri da adattare, per concludere la serie completa, tra cui il postumo Riccardino. Cosa accadrà, quindi? Verranno girati, ci si affiderà magari a nuovi soggetti non vergati da Camilleri stesso? o Il metodo Catalanotti sarà l'ultimo? “È un momento di grande ripensamento, seguito ai tre lutti subiti dalla nostra squadra”, ha dichiarato il produttore per Palomar, Carlo Degli Esposti. “Certo, dovrà concludersi, non si può lasciare sospeso, ma abbiamo bisogno di tempo. Il grande nemico sarebbe la fretta. Chi ha pensato alla conclusione dell’epopea è stato in primis Camilleri che ha scritto nel 2005 e revisionato un anno prima della morte Riccardino, uscito poi postumo. Il film di quest’anno è tratto da un romanzo molto importante, un punto di snodo del racconto di Montalbano che dà la circolarità della passione e del tradimento; è legato soprattutto al mondo del teatro, grande passione di Andrea Camilleri. Ultimo di tre film prodotti dentro una tempesta perfetta che ha fatto sparire il nostro timoniere Camilleri e di botto, mentre giravamo, Alberto Sironi. Luca Zingaretti ha preso il timone da vero comandante in seconda. Tutti chiedono cosa succederà di Montalbano, ma un anno dopo la nostra tempesta perfetta è presto per parlarne. Il Covid-19 ci impedisce di tornare sul set con la tranquillità che ci ha contraddistinto in questi vent’anni. Ci sarà un momento, dopo la fine della pandemia, in cui prenderemo una decisione sul futuro. Per me Montalbano è eterno, come per molti.”
Raramente un attore ha incarnato in maniera così intensa e duratura un suo personaggio, portato oltretutto in scena in ben 37 film, praticamente un record. Eppure all’inizio Camilleri non vedeva bene Zingaretti nei panni della sua creatura, “ma mi guardò e disse che ero bravo, e sapeva che sarei riuscito a interpretarlo. Lo conoscevo dai tempi dell’Accademia come mio insegnante, una persona di poche parole come i siciliani veri, pesava le parole e quando apriva bocca voleva dire tanto, come i suoi libri che dicono anche altro rispetto alla storia. È uno dei motivi per cui è così amato anche all’estero. Andrea era una persona con cui ti vedevi e parlavi di tutto, non di quello che giravamo, almeno nel mio caso, come attore. Anche perché dopo tanti anni già sapevamo da quello che aveva scritto cosa intendesse raccontare.”
Il metodo Catalanotti è un romanzo sulla crisi del commissario, ma anche una summa delle tematiche care a Camilleri. “Era un grande amante di Pirandello, e come tutti gli intellettuali di quella terra doveva farci i conti. Il suo tema più caro era quello dell’identità, nei suoi libri ma anche nella sua vita. In questi 20 anni siamo riusciti in questa cavalcata fantastica, a uno standard molto alto, ogni volta lavorando ai nuovi romanzi tutti uniti e con grande voglia ed entusiasmo, senza obblighi legati a contratti lunghi. Non ho nessuna stanchezza data dai tanti anni di lavoro sul personaggio. È stata dura perdere i miei compagni e complici di trincea, con cui mi misuravo tutti i giorni, come Sironi e Ricceri. Mi sono trovato catapultato al timone, per finire il percorso che avevamo intrapreso. Con la pandemia il tempo si è fermato, non c’è stato tempo di elaborare il lutto. Quando il tempo avrà ripreso a scorrere vedremo se e come proseguire, dipende anche da come il pubblico ci seguirà.”
Il metodo Catalanotti segna anche una crisi sentimentale, e non solo, per Montalbano. “Momenti di sbandamento”, ricorda Zingaretti, “in cui anche la recitazione abbandona i toni da commedia dell’arte tipica della serie, un po’ sopra le righe. In questi vent’anni è capitato che fosse indotto in tentazione da altre fanciulle, ma qui succede qualcosa di straordinario: arriva una ragazza e viene steso, mette in crisi tutto il suo sistema. Le dirà ‘voglio solo stare vicino a te, non importa se te ne stai andando, chiedo il congedo o mi licenzio se non me lo danno. Sono fidanzato, ma lascerò anche Livia’. Un terremoto di enorme portata, serviva coraggio salire al timone dall’oggi al domani, anche verso gli attori, agli occhi dei quali sono diventato anche condottiero, non solo collega. Senza l’aiuto di tutti non ce l’avrei fatta. È un episodio che rimarrà dentro, con il tema pirandelliano della giovinezza e della vecchiaia, temi che in questi anni abbiamo imparato ad apprezzare nei romanzi di Camilleri. Sicuro di Montalbano mi rimarrà la lezione della sua integrità, ne ho fatto tesoro”.
Il terremoto è causato da una “straniera” che arriva in paese, interpretata da Greta Scarano, che così racconta la sua avventura. “Aspetto la messa in onda del film, sono molto felice di averne fatto parte. Mi sentivo un po’ un’aliena, arrivando in un contesto così famigliare come quello della serie di Montalbano, dovendo poi rappresentare un personaggio completamente alieno che sconvolge il suo mondo e lo schema in cui vive lui e chi gli sta intorno. È stata esperienza molto divertente, ci siamo fatti grande risate e ho dovuto trovare un compromesso sostenibile fra la loro recitazione sempre leggermente sopra le righe che caratterizza la serie e il mio essere invece un oggetto estraneo che portava una sorta di realismo. È un elemento che porta una crisi enorme in uno schema stabile, un terremoto, il che per un attore è bellissimo. Percepivo che dove mettevo i piedi facevo sgretolare tutto.”