Il Nome della Rosa: Abbiamo visto in anteprima i primi due episodi della Serie TV dal romanzo di Umberto Eco
La prima impressione è di un prodotto di alto livello, molto fedele al libro dell'autore, con un grandissimo John Turturro (ma non solo).

Si stenta a credere che siano passati quasi 40 anni dall'uscita de “Il nome della rosa”, primo romanzo di Umberto Eco, ambientato in un'abbazia benedettina del Nord Italia nel 1327, dove l'inviato papale, l'Inquisitore Bernardo Gui, accompagnato dall'esercito, si incontrerà, in un tentativo di mediazione (la Disputa) tra istanze contrapposte e inconciliabili, col francescano Guglielmo da Baskerville. Il quale però, giunto nell'abbazia, si trova a dover risolvere il mistero di una serie di omicidi di monaci, legati alla celebre biblioteca/labirinto del luogo, per risolvere i quali farà ricorso alle sue straordinarie doti deduttive (uno dei modelli dichiarati del protagonista è ovviamente Sherlock Holmes). Libro contenitore, a sua volta labirinto e paradosso, opera colta che immergeva il lettore in un mondo di simboli e metafore a lui sconosciuto, raccontandogli un Medioevo ignoto, con uno stile capace di trascinarlo all'interno di un mystery denso, tragico e al tempo stesso ironico, fu un'opera che segnò una o più generazioni e coinvolse anche a sorpresa moltissimi giovani poco più che adolescenti (che avevano il personaggio del novizio Adso a guidarli nelle imprese del maestro e a trasformarli in ammirati e increduli Watson).
Trasposto nel 1986 in un film di oltre due ore, quel romanzo mirabile ha finalmente la possibilità di espandersi sul piccolo schermo grazie alla Serie TV Il Nome della Rosa, una produzione internazionale Rai, in 8 episodi da 50 minuti ciascuno, divisi in 4 puntate. Scordatevi comunque del film di Jean-Jacques Annaud. Ora siamo in un altro momento storico e in tutt'altro territorio e – anche se li abbiamo sentiti fare - i paragoni tra un film e una serie tv (di cui per altro abbiamo visto solo un quarto) sono insensati e improponibili: non solo perché sono due media diversi, con regole e linguaggi propri, ma anche perché un conto è avere a disposizione 132 minuti e un altro averne 400 per sviluppare la storia e i personaggi e inserire anche altre parti, essenziali al libro come lo è la parte più ludica (ma sempre colta) dedicata alla detection.
Fin dalla prima puntata si capisce che gli intenti di fedeltà ai diversi aspetti dell'opera di Umberto Eco non restano (espressione quanto mai adeguata al caso) lettera morta. La storia non è confinata alle mura del convento, ma dopo un prologo che ci mostra Adso riluttante combattere col padre barone, per conto dell'Imperatore, con la sua decisione di prendere i voti e seguire Guglielmo, ci troviamo a camminare nei boschi, tra le rovine di un anfiteatro romano e su strade sterrate e ad assistere alle battaglie e alle stragi compiute dai domenicani, braccio inquisitorio del Papato di Giovanni XXII e del suo potere temporale, ai danni degli eretici come i Dolciniani e dei poveri esuli occitani. È qua che il racconto si fa più attuale e stringente: l'inserimento - concordato con Eco – di una storyline allargata dedicata a Dolcino e alla sua compagna non solo dà spazio e aria al racconto, ma permette di trattare meglio temi fondamentali come la condizione della donna (l'eresia dolciniana predicava la parità tra sessi in un mondo in cui le donne erano oggetti di piacere o, in alternativa, strumento del demonio) e la violenza dei potenti sui deboli.
Tutto si ritrova poi, riflesso, tra le mura dell'Abbazia, tanto buia all'interno quanto luminosa negli spazi innevati estrerni. John Turturro è la scelta perfetta per il ruolo di quest'uomo intelligente, acuto e spirituale ma anche capace di comprendere le debolezze terrene. Forse anche perché l'attore è un uomo colto e istruito, ma si intuisce che comprende quello che dice e non si limita ad imparare a memoria le battute e restituirne la fine ironia e che nel personaggio, oltre ad Eco e a Conan Doyle, c'è anche un po' di lui. Il cast in generale è ottimo, la versione in lingua originale permette di apprezzare anche la bravura dei nostri interpreti, dall'Alinardo di Roberto Herlitzka al Remigio da Varagine di Fabrizio Bentivoglio, da Greta Scarano a Stefano Fresi, irriconoscibile sotto il trucco di Salvatore e in grado di padroneggiare al meglio, col suo fine orecchio di musicista, il suo grammelot di lingue.
Sfuggente al punto giusto l'abate Abbone di Michael Emerson e sulfureo e spaventoso il Bernardo Gui di Rupert Everett, che vedremo scatenarsi in tutta la sua malvagità più avanti nella storia. L'attenzione prestata alla scelta degli interpreti giusti si nota anche negli altri ruoli, dal giovane attore tedesco scelto per Adso, Damian Hardung, a Tcheky Karyo, che compare nella parte del Papa, ai monaci. Volti noti e meno noti e un mélange di lingue che fa dell'abbazia una Torre di Babele destinata a crollare per un'ostinata e fanatica difesa di uno status quo fatto di rigore e serietà, di fronte a un mondo che sta cambiando e cge sa anche ridere.
Il Medioevo di Umberto Eco, che lo conosceva a menadito, contiene in nuce il nostro futuro e il nostro presente. Sarà bello perdersi per altre tre puntate in quel mondo che ci mancava, così come ci manca quell'insostituibile intellettuale che ce lo ha spiegato sotto forma di giallo e che, al contrario del suo assassino con la tonaca, non è mai stato chiuso nella torre d'avorio del suo sapere, ma ha indagato in tutte le manifestazioni dell'ingegno umano, senza distinzione tra cultura alta e bassa, trovando ovunque, dalla televisione al fumetto alla storia, i segni e i significati nascosti nel linguaggio. Ma, cosa ancora più importante, ci ha insegnato che conoscere e sapere equivale a difenderci dai soprusi e dalla manipolazioni e ci ha aperto la mente, facendoci anche divertire.
Mentre aspettiamo di vedere come verrà portato avanti il racconto, siamo grati agli autori, ai produttori e alla nostra televisione per aver riportato in primo piano un'opera tanto importante e in controtendenza con l'epoca della “prevalenza del cretino” che il mondo sta vivendo, certi che questa serie troverà un pubblico, che è ormai stanco di essere sempre sottovalutato.