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Dall'idea allo schermo, ecco come nasce una serie tv (1)

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Come fa un'idea visionaria a trasformarsi in un prodotto capace di attirare milioni di telespettatori in tutto il mondo? Scopriamo come una serie tv si crea dal nulla, o quasi.

Dall'idea allo schermo, ecco come nasce una serie tv (1)

Creare una serie tv è un processo molto complesso. Anche lungo, più di quanto si possa pensare. E costoso. Forse persino un po’ magico, come tutte le cose che coinvolgono l’immaginazione. Lo è soprattutto per chi sta dall’altra parte dello schermo, mentre chi con la tv ci campa sa che a trasformare una buona idea in un successo da diversi milioni di spettatori ogni settimana, nonché un punto luminoso nella cultura pop, sono centinaia di persone e tanta, tanta serietà professionale. Niente di più. Nessuno conosce la formula esatta, e questo è un mistero destinato a perdurare, mentre le fasi che mutano poche righe di testo appuntate su un foglio di carta – spesso da un autore squattrinato in cerca di gloria – non necessariamente in un fenomeno globale ma in un prodotto di buona fattura non lo sono affatto. Negli ultimi anni, su ComingSoon.it Serie TV ci siamo divertiti a raccontare l’industria dell’intrattenimento televisivo, in particolare quella americana e britannica, senza esplorare in modo approfondito il processo da cui tutto nasce. Abbiamo usato termini come pilot, showrunner, rating, November sweep e midseason spiegando solo in poche occasioni il loro significato e la loro utilità.

E’ giunto il momento di fare un po’ di chiarezza. Nei prossimi giorni dedicheremo un lungo speciale in più parti con il quale analizzeremo tutte le fasi e i singoli aspetti della creazione di una serie tv. Va precisato che, avendo ogni studio e ogni network un proprio “modello comportamentale”, esploreremo il processo nelle sue fasi generali, tuttavia senza esimerci dal fare qualche esempio, anche di casi più particolari. Si tratta di un viaggio prevalentemente tecnico, incentrato in questi primi appuntamenti sulla pre-produzione. Non ci addentreremo quindi nell’aspetto puramente creativo del processo, che potrebbe interessarvi maggiormente se ambite a scrivere per la tv. Se quest’ultimo argomento dovesse suscitare interesse tra i nostri lettori (fatecelo sapere usando gli spazi a vostra disposizione), potremmo considerare la stesura in futuro di quello che, conformandoci al gergo televisivo, si potrebbe definire uno spin-off.

HomelandL’idea prima di tutto
Gli anni d’oro in cui qualunque idea venisse in testa a qualcuno era qualcosa di originale sono finiti da un pezzo. La tv, come il cinema, ha detto tutto e forse anche troppo. Le idee scarseggiano, e sempre più spesso ci si affida a qualcosa di già fatto per raccogliere quattrini (diciamolo subito e non torniamoci più: niente di personale, i network sono aziende e come tali creano e distruggono serie con l’unico scopo di fare cassa). Un romanzo, una biografia, un blog, un articolo di giornale, persino dei tweet... oggi è più probabile che una serie sia ispirata da questi piuttosto che dal lampo di genio di un autore televisivo poco prima di addormentarsi. Com’è molto probabile che a ispirarla sia stata un film o un’altra serie, anche del passato, o in onda in un’altra nazione. Non che sia sbagliato. Alcune delle migliori serie degli ultimi anni non sono proprio originali. A ispirare Homeland è stata una serie israeliana; i personaggi e le storie de Il Trono di Spade sono noti ai più già dai primi anni ’90; NCIS è nata da una costola di JAG; mentre CBS ha avuto la determinazione di portare in tv Elementary nonostante gli innumerevoli adattamenti precedenti dei romanzi di Sir Arthur Conan Doyle, incluso il recente fenomeno di BBC Sherlock. Ai fini del successo, è essenziale escogitare un approccio diverso dagli altri. Oggi il “cosa si racconta” è diventato meno importante del “come lo si racconta”.

Quando uno sceneggiatore o un produttore pensa di avere in mano un treatment (un componimento che include titolo, logline, sinossi e poche altre informazioni sul formato della serie) interessante, sia esso basato su contenuti originali o non originali (di cui si sono acquisiti i diritti), e che portrebbe aver richiesto diversi anni per essere concepito, lo presenta a un network. C’è poco di definitivo, ma è fondamentale avere chiaro in mente cosa si vuole raccontare. Nella maggior parte dei casi non esiste ancora una sceneggiatura, perciò saper esprimere il potenziale della propria idea è tutto. I network vogliono avere a che fare con autori i quali hanno un progetto più che un concetto di quello che sarà la serie, e non è insolito che già in questa fase si sia pensato a un potenziale finale. Anche se i network cercano idee capaci di produrre un numero potenzialmente infinito di episodi, perché solo in questo modo si massimizzano i guadagni, avere un punto fermo in funzione del quale si muove tutto il resto è una prima garanzia di successo – spiegheremo perché nel momento in cui affronteremo la pianificazione della stagione. Se non è l’autore a bussare alla porta del network o dello studio di produzione per farsi comprare l’idea, sono questi ultimi, dopo averne trovato una, a cercare un autore e dei produttori esecutivi cui affidarne lo sviluppo.

Shonda RhimesLa stagione dei pilot
Negli Stati Uniti è consuetudine per i network ordinare dapprima la stesura della sceneggiatura. Spesso, ma non sempre, chi se ne occupa (di fatto il creatore della serie) ricoprirà anche il ruolo di showrunner se e quando arriverà l’okay per la produzione di un primo ciclo di episodi. Lo showrunner (Shonda Rhimes per Grey’s Anatomy e Scandal, Ryan Murphy e Brad Falchuk per American Horror Story, Dan Harmon per Community) è una sorta di garante. E’ il capo degli sceneggiatori, colui che tiene insieme i pezzi, ed è compito suo progettare e sviluppare le principali linee narrative della storia. Si tratta di una figura fondamentale in voga dai primi anni ’90. In un certo senso una sorta di capro espiatorio tra la moltitudine di produttori esecutivi che oggigiorno muovono i fili dietro le quinte di uno show. Se l’idea si dimostra realmente intrigante, o lo è fin da subito, un network può ordinare più o meno immediatamente il pilota (o pilot), e finanche saltare questa fase è concedere agli sviluppatori una prima stagione di 6, 13 o 22 episodi – secondo l’entusiasmo. E’ successo lo scorso anno quando Will Gluck e Sam Laybourne si sono presentati a NBC con Michael J. Fox e l’idea di costruirgli attorno una sitcom più di un decennio dopo Spin City, o, più di recente, a FOX con Gotham, drama ambientato nel mondo di Batman.

Negli ultimi anni, la guerra dei network per accaparrarsi le idee migliori ha allargato sempre di più il periodo dell’anno in cui i colloqui ai piani alti sono all’ordine del giorno. Ora va dalla fine dell’estate all’inizio dell’inverno. Questo riguarda in particolare i grandi broadcast, dal momento che le tv via cavo hanno palinsesti più flessibili. L’inizio dell’anno è invece il periodo in cui, dopo aver valutato attentamente i numerosi progetti accaparrati affannosamente nei mesi precedenti, i network decidono, dove non l’hanno già fatto, quali meritano il beneficio del dubbio investendo moneta sonante per la produzione di un episodio dimostrativo, il cosiddetto pilot. E se si erano impegnati a ordinarlo e poi non rispettano la promessa, i contratti prevedono alcune penali. C’è un’ulteriore opportunità di convincimento che vede la rete chiedere agli sviluppatori di procedere in anticipo con i casting (lo ha fatto poco più di un mese fa TV Land con la nuova comedy di Darren Star Younger), ovvero la selezione degli attori per i ruoli di protagonista, non protagonista e guest star. In caso contrario, questo avviene dopo l’ordine del pilota e nei mesi successivi prima dell’arrivo della serie in tv. Febbraio e marzo, con l’approssimarsi della produzione dei pilota, è il miglior momento per un attore per trovare lavoro. Nei casi in cui la serie in sviluppo sia lo spin-off di un’altra in onda, le tempistiche restano le stesse. Tuttavia, l’episodio dimostrativo, che assume il nome di backdoor pilot, farà parte della stagione della serie originale in corso (in onda solitamente nel mese di aprile), e il suo pubblico coinvolto nel processo di decisione attraverso la valutazione delle medie d’ascolto e dei feedback online.

The Michael J. Fox ShowIn tv la primavera arriva a maggio
Completata la produzione del pilota (affronteremo nei prossimi approfondimenti le varie fasi della produzione di un episodio), per i network arriva il momento più difficile, quello che contribuisce al successo di un presidente dell’area Entertainment piuttosto che dei vari responsabili del dipartimento sviluppo: scorgere le produzioni migliori, capaci di attirare l’attenzione del pubblico sul lungo periodo. Nonostante la visione dei pilot – costruiti ad arte come pochi altri episodi nell’arco di una serie – chiarisca le idee meglio di una logline di un paio di righe, le loro decisioni rimangono un terno al Lotto, dal momento che interpretare l’interesse del pubblico in un determinato momento storico e contesto sociale è una scienza imperfetta (Terra Nova vi ricorda qualcosa?). Tenere come punto di riferimento la propria linea editoriale e target è sempre un buon punto di partenza (ad es., donne e famiglie sono lo zoccolo duro di ABC e dei suoi soap drama, NBC e le sue comedy argute hanno attirato sempre un pubblico istruito, CBS e i suoi procedurali creati con lo stampino sono la Florida del piccolo schermo, mentre FOX e The CW si rivolgono a un pubblico più giovane, in quest’ultimo caso composto prevalentemente di donne sotto i 34 anni), ma non basta. Delle proiezioni di prova con gruppi campione, durante le quali si valuta l’interesse verso ogni aspetto della serie, dalle storie ai personaggi, sono effettuate nei giorni che precedono la terza settimana di maggio, termine ultimo per presentare ufficialmente i piani per la nuova stagione televisiva. Non si tratta naturalmente di un capriccio, benché gli Upfront e l’annuncio delle novità in arrivo siano tra i momenti più elettrizzanti dell’anno per ogni appassionato. Gli incontri di maggio a New York segnano l’inizio di un’altra fase importante, quella in cui i network avviano la vendita degli spazi pubblicitari. E l’offerta più convincente attira il maggior numero di inserzionisti.

Nell’approfondimento della prossima settimana ci addentreremo ulteriormente nella fase di pre-produzione, questa volta di una serie ordinata, analizzando i momenti che precedono le riprese di un episodio.

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