C'era la forma e c'era il contenuto
Quanto c'è di vero nelle numerose critiche che hanno stroncato la quinta stagione di Brothers & Sisters al punto da impedire il rinnovo?
Soltanto due episodi (il primo dei quali in onda questa sera alle ore 21:55 su FoxLife) ci separano dalla fine di Brothers & Sisters. Una conclusione voluta dalla ABC a causa di quelle medie d’ascolto non più in linea con gli obiettivi e le aspettative di rete. Senz’altro, la cancellazione più pesante tra le numerose annunciate fino a un mese fa, sia per una questione di anzianità - la serie era in onda da cinque stagioni - sia per un fascino che, grazie anche a un cast notevole, Brothers & Sisters era riuscita a esercitare fin dai primi episodi. Alcuni hanno tirato un sospiro di sollievo quando la ABC ha annunciato un’altra compagna d’avventura per Desperate Housewives nello slot della domenica sera, questo unicamente a causa delle scelte creative fatte dagli autori negli ultimi tre anni e in modo particolare nella quinta stagione. Navigando per la rete mi sono imbattuto in numerose critiche mosse dai fan nei confronti dello show, e mi sono sentito quasi a disagio nel constatare quanto fossi puntualmente l’unica voce fuori dal coro, che non condividessi nessuna delle opinioni espresse dalla stragrande maggioranza del pubblico.
Ho sempre pensato che, rating permettendo, non debba essere negata mai a uno show l’opportunità di dimostrare di saper andare avanti, anche dopo un momento difficile e buio (come sono riuscite a fare ad esempio Supernatural e Grey’s Anatomy). Secondo i fan, il punto più basso Brothers & Sisters l’ha toccato nel momento in cui è andato in onda il finale della quarta stagione. Quel maxi-tamponamento che costò la vita a numerosi personaggi (mettiamoci dentro anche Holly e Rebecca) e stravolse gli equilibri del clan Walker come mai era avvenuto prima. Tacciata di poca inventiva, di essere ricorsa a stratagemmi futili con l’unico scopo di stupire, addirittura di essere irrispettosa nei confronti della propria eredità, la quinta stagione di Brothers & Sisters pare abbia deluso chiunque, la ABC stessa, al punto da impedire allo show di avere una series finale. Credo invece che David Marshall Grant sia riuscito, soprattutto nella seconda parte, a mantenere intatta la dignità di uno show sul quale alcuni forse avevano riposto aspettative diverse. Sicuramente c’è stato un momento di smarrimento dopo la quarta stagione, e il salto temporale non ha aiutato, ma con il senno di poi Brothers & Sisters ha dimostrato di non essere venuta meno alla sua natura di family drama, a prescindere da quanto certe storie possano essere piacevoli per alcuni telespettatori. Ad esempio, ho trovato gli episodi delle ultime due settimane molto più intensi di alcune puntate della prima stagione, e anche più coraggiosi.
Il maggior numero di critiche negative sono state indirizzate alle scelte di rendere Sarah una figlia illegittima e Kevin e Scotty i genitori di un bambino che non hanno mai conosciuto. Non penso ci sia un tempo giusto e un tempo sbagliato per raccontare certe storie, e trovo invece che entrambi i colpi di scena siano stati gestiti con grande classe, o ancora meglio, con quell’eleganza e a tratti follia cui Brothers & Sisters ci aveva abituato gli anni prima. Penso che qualunque svolta, anche quella più spiazzante, sia accettabile se è in grado di drammatizzare la storia in modo genuino. Scene come quelle in cui Nora trova il coraggio per raccontare la verità a Sarah, o Kevin e Scotty prendono in braccio il piccolo Daniel privandolo di ciò che per lui era una madre mentre Olivia li osserva disorientata da lontano, dovrebbero far rimpiangere la perdita di Brothers & Sisters. Sarah, inoltre, ha espresso un concetto molto intelligente e sentito quando ha rivendicato la sua appartenenza a quella famiglia. Nessuna scena di panico, dunque. Anzi, ci avremmo guadagnato un personaggio piacevole come Brody, l’unico in cinque stagioni a non ritrovarsi da solo nel buio dell’ombra immensa di Nora.
Brothers & Sisters arrivava da una situazione stanca, in cui gran parte delle storie non avevano nient’altro da dire. La scelta di stravolgere la linearità dello show, azzerando alcune storie ed escludendone altre, in quel momento era condivisibile. Il modo in cui quest’opportunità sia stata poi sfruttata merita un capitolo a parte, perché non è vero neanche che tutto sia stato perfetto. La parte davvero interessante del racconto è arrivata in ritardo. Troppo tempo è stato sprecato nel tentativo di motivare il salto temporale o illustrare le cause dei cambiamenti che lo stesso aveva portato. Gli autori avrebbero potuto rendere più sintetiche situazioni come la separazione tra Justin e Rebecca, l’amnesia di Holly o i numerosi tentativi di Kitty di apprezzare le gioie della vita dopo la morte di Robert, dando al contrario maggiore spessore a quegli stravolgimenti che tali storie dovevano introdurre. In questo modo, forse, il pubblico sarebbe stato meno avverso ai numerosi cambiamenti, permettendo così alla serie di rimanere in onda ancora per un altro anno. Appare chiaro come la tragedia dell’incidente nel finale della quarta stagione fosse da sola sufficiente a giustificare l’aria di cambiamento così tanto voluta, evitandoci sviluppi inconcludenti come la crisi tra Kevin e Scotty o la fuga Washingtoniana di Kitty.
Personalmente, della quinta stagione ricorderò la crescita di Sarah come donna indipendente e futura moglie di Luc, non il fatto che William non sia geneticamente suo padre. Ricorderò il luccichio negli occhi di Kevin e Scotty nel riconoscere il loro ruolo di genitori in Olivia, non le debolezze che hanno portato uno dei due a tradire l’altro. Ricorderò la volontà di Justin di essere uno degli uomini della famiglia e non più il ragazzino, anche nel suo richiamo a una maggiore sincerità. I Walker sono riusciti magicamente a farci sentire parte di essi, come in una grande famiglia. Se concetti come “nella vita nulla ti fa sentire vero e amato più della tua famiglia” e “nessuna famiglia è perfetta” sono sinceri, significa che nessuna di quelle critiche può appartenere a qualcuno che si è sentito un loro fratello o una loro sorella, perché sarebbe stato un po’ come tradire la propria famiglia.