Bruno, Giallini & Co presentano Non ci resta che il crimine - La serie: "Negli anni '70 per nutrire il sentimento popolare"
Arriva oggi su Sky e in streaming su Now Non ci resta che il crimine: La serie, che prosegue le vicende dei film di Massimiliano Bruno e torna negli anni ‘70. Il regista l'ha presentata alla stampa insieme a Marco Giallini, Gian Marco Tognazzi e Giampaolo Morelli.
- C'era una volta nel 1970
- Parlano gli attori
- Tornare al movimento studentesco per nutrire il sentimento popolare di oggi
- Il ricordo giovanile di Marco Giallini
La fortunata e scatenata Trilogia cinematografica del Crimine, cominciata nel 2019 con Non ci resta che il crimine, proseguita nel 2021 con Ritorno al crimine e terminata nel 2022 con C'era una volta il crimine, continua il suo cammino, sempre diretta da Massimiliano Bruno, in televisione. Oggi, 1° dicembre 2023, comincia Non ci resta che il crimine - La serie, che va in onda in esclusiva su Sky ed è visibile in streaming solo su NOW. I protagonisti sono sempre Marco Giallini e Gianmarco Tognazzi, che nei primi 2 capitoli della saga erano affiancati da Alessandro Gassmann, poi "sostituito", sebbene in un altro ruolo, da Giampaolo Morelli.
Per Massimiliano Bruno, regista e sceneggiatore instancabile, non è stato semplice "riunire la banda", ma una storia tutta nuova da raccontare e ambientata in un'epoca favolosa in cui tornare attraverso un portale è piaciuta moltissimo al cast. Al resto hanno pensato Sky Studios e la Italian International Film di Fulvio, Federica e Paola Lucisano. Il risultato sono 6 puntate molto curate da un punto di vista sia registico che di ricostruzione d'ambiente e punteggiate di dialoghi ritmati e irresistibili. Questa sera sarà possibile gustare le prime due, venerdì 8 la terza e la quarta e infine, il 15 dicembre, arriveranno le ultime due. Più che nella trilogia cinematografica, svariati generi andranno a braccetto: la commedia, il film d'azione, il film in costume e così via, mentre accanto a Giallini, Morelli e Tognazzi ci saranno le nuove leve Maurizio Lastrico e Liliana Fiorelli. Altra novità è la co-regia di Alessio Maria Federici, grande amico di Bruno.
C'era una volta nel 1970...
Non ci resta che il crimine - La serie è stato presentato alla stampa presso il cinema The Space di Roma, e Massimiliano Bruno ha fatto gli onori di casa spiegando la sua scelta di collocare la vicenda nel 1970: "Se dovessi esprimere un desiderio, mi piacerebbe tornare al giorno in cui sono nato per capire com'erano papà e mamma, per farmi una passeggiata nel quartiere e vedere com'era Roma nel mese in cui sono arrivato io. Quindi da un lato c'era una grande curiosità, mentre dall'altro era una questione di nostalgia, e quindi desideravo rivedere com'era la donna che mi ha messo al mondo e com'era teso quel papà che mi ha sempre detto di aver portato un mazzo di rose color tè a mia madre. Io da allora cerco ovunque 'ste rose color tè, ma non esistono, quindi o si sono estinte oppure mio padre era un bugiardo. Inoltre volevo che la serie cominciasse durante i Mondiali della partita Italia - Germania 4 a 3, anche se poi la storia prende tutta un'altra piega e un'altra profondità. A un certo punto ho capito di aver bisogno di un supporto forte durante le riprese e quindi, insieme ai produttori, abbiamo scelto Alessio Maria Federici, con cui litighiamo sempre quando parliamo di calcio, perché sia lui che la maggior parte del cast tifano per la Roma, mentre io sono juventino, e perciò mi dicono: 'Ladro schifoso!' oppure 'Calabrese!', come se fosse un’offesa tremenda".
Parlano gli attori
Anche se ci è voluto un po’ per avere sullo stesso set Giallini, Morelli e Tognazzi, a vederli seduti accanto a Bruno in un'immensa sala cinematografica viene da sorridere, perché scherzano e si fanno i dispetti. Quando però si tratta di parlare della serie, Gianmarco condivide con i giornalisti la gioia che ha provato nel riunirsi allo scatenato gruppetto: "È stato meraviglioso, intanto, ritrovare un branco di pazzi che si divertono molto, e speriamo che questo divertimento, presente già già nei 3 film, possa emergere come uno degli ingredienti della serie. Nelle serie un attore ha la possibilità di approfondire i personaggi raccontando sempre qualcosa di diverso. Io sono uno che ama cambiare, e invece ho scoperto che questi 6 episodi mi hanno dato la possibilità di sperimentare cose che non avevo ancora fatto, e quindi voglio ringraziare soprattutto Massimiliano che mi ha dato l'opportunità di tornare nel periodo storico che amo di più e dove veramente, se si potesse tornare indietro, tornerei".
Anche Giampaolo Morelli, che la serialità televisiva la conosce bene grazie a L'Ispettore Coliandro, ha ritrovato con grande piacere i compagni d'avventura. Alla stampa parla del suo personaggio: "Nella serie troviamo Claudio sempre determinato ad affermarsi. Vuole fare lo scrittore e così prova a vendere delle storie che conosce e che negli anni '70 non esistevano. Tenta in ogni modo di piazzare libri, soggetti di film. Se non sbaglio si parla di ET - L'extraterrestre e de Lo squalo. infine Claudio ci prova con la musica. A un certo incontra Ennio Flaiano e lo insulta, e quindi il suo voler emergere rivela tutta la sua natura di ossessione. Per fortuna a un certo punto il personaggio cambia, evolve, perché la serie è un viaggio dentro i personaggi e li porta alla riscoperta dell'amicizia, e in questo c'è un parallelismo con la realtà, perché dopo il terzo film ci siamo persi per qualche mese e poi ci siamo ritrovati".
Tornare al movimento studentesco per nutrire il sentimento popolare di oggi
I film della Trilogia del Crimine, oltre a rifarsi a grandi classici del nostro cinema e del cinema hollywoodiano - e quindi a Non ci resta che piangere, a Ritorno al futuro e alla Commedia all'Italiana - parlano del passato per esaminare il presente e riflettere sui comportamenti e gli errori del genere umano. In una serie di 6 puntate si ha spazio per una simile analisi e Massimiliano Bruno ne è consapevole, così come riconosce l'importanza della memoria: "Quando fai un film ambientato tanti anni fa, riesci a far presa in primis sulle persone che quegli anni li ricordano bene, che nel nostro caso appartengono alla generazione dei 50-60enni, che hanno vissuto gli anni ’70 fino al '77, '78, quando c’era il fermento che la serie descrive. Poi ci sono i giovani, che vogliono conoscere qualcosa a cui non hanno assistito. Mi piace questa loro curiosità, perché in quegli anni là c'era il movimento studentesco, c'erano i giovani che erano impegnati socialmente e politicamente e lottavano. Erano gli anni della legge sull’aborto, del divorzio, del movimento femminista. Secondo me, quindi, l’insegnamento che dobbiamo trarre guardando questa serie è che non ci dobbiamo scordare che il ventennio successivo è stato un ventennio di annullamento totale dei risultati raggiunti da quella generazione. La reazione del pensiero opposto a quello che si era creato nel '68 e nel '77 è stata annullante, feroce e guerrafondaia. Credo che Non ci resta che il crimine - La serie possa smuovere le coscienze, proprio perché sta emergendo un sentimento popolare, e infatti il 25 novembre eravamo in 500.000 a sfilare contro la violenza sulle donne. Sento come un humus, perché io sono il direttore artistico di un laboratorio di arti sceniche a Roma e vedo i ragazzi fra i 18 e i 30 che hanno voglia di battersi per ciò in cui credono. Però occorre imparare dalla storia. Bisogna fare in modo che questo fermento delle donne, degli studenti, dei giovani che dicono la loro non venga ancora una volta calpestato da ideali nichilisti ed edonistici".
Proprio per far riflettere lo spettatore, seppur attraverso il linguaggio della commedia, Massimiliano Bruno ha scelto di soffermarsi su un episodio poco noto della nostra storia: il fallito colpo di stato di Junio Valerio Borghese del 1970: "La storia ci consegna un golpe che è stato un po’ una farsa, una rivolta grottesca, presa in giro da tutto e da tutti. Siccome noi facciamo comicità, ci siamo chiesti: 'E se invece fosse andato bene?'. Quindi abbiamo pensato che sarebbe stata una bellissima metafora per raccontare uno spauracchio, una timore che qualcuno di noi nasconde in fondo al cuore, e cioè che un passo troppo a destra possa portare a una mancanza di libertà, cosa che in questo momento non sta accadendo nel nostro paese, però ogni tanto ci sono delle avvisaglie che dobbiamo stigmatizzare. E poi avere davanti, come si diceva allora, le zecche e i camerati, e farli un po’ scontrare, può scatenare un grandissimo divertimento".
Il ricordo giovanile di Marco Giallini
Durante gli incontri stampa, solitamente Marco Giallini non è di molte parole e preferisce scherzare, e infatti quando Giampaolo Morelli dice che vorrebbe tornare nel periodo a cavallo fra la fine degli anni '80 e i primi anni '90, esclama: "Ma gli anni '80 erano una merda! Io ero già morto!". Difendendo a spada tratta gli anni ’70, l'attore ci lascia, a sorpresa, una bella testimonianza di quell'epoca di passioni e contraddizioni: "Il ricordo più forte è quello di mio padre che mi porta a comprare la stoffa per farmi il vestito per la cresima. Entriamo e c'era un signore. Rammento che prendeva la stoffa, la tirava giù ed era di un terribile verde oliva. A un certo punto si sentono dei colpi di arma da fuoco e il negozio abbassa immediatamente le saracinesche. Faccio in tempo ad affacciarmi e a vedere che qualcuno spara verso un furgone della polizia. Siamo rimasti chiusi lì dentro per un'ora e questo episodio è emblematico di quel momento storico, e somigliava più a un film che alla vita, ma la realtà era che allora in Italia c'era la guerra".