Zanna Bianca: la recensione del film di animazione dal romanzo di Jack London

09 ottobre 2018
3.5 di 5
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Il rispetto per lo spirito del materiale originale lo rende una proposta coraggiosa, seppur minata da qualche limite tecnico.

Zanna Bianca: la recensione del film di animazione dal romanzo di Jack London

Tratto dal romanzo di Jack London pubblicato nel 1906, Zanna Bianca si potrebbe definire il romanzo di formazione di un lupo. Cucciolo in compagnia di sua madre, affronta prima le asprezze della natura, poi lo attenderanno al varco quelle degli uomini: se un generoso capo indiano lo tratterà con rispetto, un cinico organizzatore di combattimenti clandestini ne farà quasi carne da macello. Su cosa si basa quindi il rapporto tra uomo e animale?

Storia avventurosa ma anche apologo sull'animalità più cruda (riguardi il lupo o l'essere umano), Zanna Bianca è stato adattato per il grande e il piccolo schermo innumerevoli volte. Il nostro Lucio Fulci ne trasse due lungometraggi negli anni Settanta, Zanna Bianca e Il ritorno di Zanna Bianca. Questa volta l'adattamento è animato ed è toccato al regista Alexandre Espigares, esordiente nel lungometraggio, ma con alle spalle un passato di animatore e la coregia del corto premio Oscar Mr. Hublot (2013). La più grossa difficoltà per un autore che tenga alla resa estetica è infilarsi nel collo di bottiglia di una coproduzione americano-franco-lussemburghese con evidenti limiti di budget. L'impatto più deludente è con i modelli dei personaggi umani, piuttosto legnosi e con qualche difficoltà d'interazione. Espigares tuttavia riesce a compensare rapidamente l'impatto con un'attenzione notevole al dettaglio artistico che lo mitiga con eleganza: l'uso del colore e dell'illuminazione, il ritmo assicurato da montaggio e inquadrature, evitano il deragliamento dell'esperienza.
I limiti tecnici sono anche egregiamente ammorbiditi dalla direzione artistica, che impone sui modelli di ambienti e soprattutto personaggi un'efficace simulazione di pennellate a mano libera. La ricerca del fotorealismo, che avrebbe quindi costretto il film in un'ambizione irrealizzabile, viene accantonata in favore di un'ideale resa pittorica, forse non sempre perfetta ma intelligente e assai apprezzabile.

Se però Zanna Bianca funziona è grazie alla massima umiltà della sceneggiatura, a cura di Serge Frydman, Philippe Lioret e Dominique Monfery, quest'ultimo una vecchia conoscenza della defunta Walt Disney Animation France. Ogni tentazione di antropomorfizzare il lupo e i suoi simili viene accuratamente evitata, perciò la narrazione verbale è affidata in una prima fase alla voce fuori campo che legge passi di London (in Italia se ne occupa Toni Servillo), mentre sono poi più gli esseri umani a commentare (o pilotare) le azioni degli animali. Avvicinare il film al gusto più favolostico e disneyano avrebbe messo a repentaglio il fascino della distanza tra uomo e animale così importante per London anche nell'affine Richiamo della Foresta. Essere umano e lupo coesistono, però non sono mai sullo stesso piano, come dimostra un finale che oltre un secolo dopo riesce ancora a commuovere.
Accompagnare i propri figli alla visione di Zanna Bianca implica la consapevolezza di metterli di fronte a un racconto che stimola la riflessione sul proprio posto nel mondo. Aver assicurato che questo elemento sopravvivesse nel racconto avventuroso è un traguardo che il film può vantare.



  • Giornalista specializzato in audiovisivi
  • Autore di "La stirpe di Topolino"
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