Umberto Eco - La biblioteca del mondo, recensione di un documentario da vedere e rivedere
Libri, memoria e identità: Davide Ferrario parte dalla leggendaria biblioteca personale di Eco per comporre un ritratto di un gigante del pensiero, capace di abbinare in maniera unica erudizione e leggerezza, sapere e voglia di giocare. Recensione di Federico Gironi.
Io sarò sicuramente troppo apocalittico, ne sono certo, ma nonostante questo sono anche certo, e fermamente convinto, che la visione di un film come questo Umberto Eco - La biblioteca del mondo dovrebbe essere se non obbligatoria (poiché nell’obbligo è insito il rifiuto dell’obbligato, almeno spinta, caldeggiata, suggerita senza requie. Specialmente ai più giovani.
Perché dentro questo bel documentario di Davide Ferrario c’è, insieme a tante altre, qualcosa di fondamentale: la dimostrazione che la cultura, l’erudizione, la curiosità intellettuale, la lettura e la memoria, e ancora il rifiuto dei luoghi comuni, delle banalità, delle menzogne, della superficialità e dell’eccesso di informazioni inutili, non solo possono, ma devono fare il paio con la leggerezza, il senso dell’umorismo, la voglia di giocare e di divertirsi, per divertire.
Ferrario, che Umberto Eco lo aveva avuto protagonista di una sua installazione alla Biennale d’Arte di Venezia nel 2015, un anno prima della morte di questo gigante del pensiero, ha avuto accesso alla sua incredibile e multiforme biblioteca personale (più di 30.000 volumi di titoli contemporanei e 1.500 libri rari e antichi). Che già da sola, ripresa all’epoca della loro frequentazione e ancora oggi, con la complicità e la collaborazione della famiglia, varrebbe una visione.
Ma il regista, che pure insiste sul tema, riprendendo anche alcune delle più belle e importanti biblioteche d’Europa, della biblioteca di Eco ha fatto, riprendendo il pensiero dello stesso Eco, una chiave per raccontare la sua memoria, e quindi la sua identità.
Le immagini delle biblioteche di Eco e del mondo, i racconti dei suoi libri fatti dai familiari si alternano a bellissime immagini di repertorio in cui Eco parla di qualsiasi cosa con quella profonda leggerezza, e quell’acume quasi profetico di cui solo lui era capace.
Eco che parla, venti e più anni fa, dei pericoli dell’eccesso di informazione, dei rischi insiti nella meraviglia del web, della distinzione sottile ma fondamentale tra la il raccontare una storia e raccontare una bugia. Tra una battuta fulminante e una citazione coltissima Eco, dal passato, parla del nostro presente, del mondo di ieri e di oggi e di sempre, con una lucidità esemplare. Regala risposte che sono tante piccole illuminanti "Bustine di Minerva".
Sarebbe quasi criminale spoilerare, come si usa dire oggi, tutte queste battute, risposte e riflessioni di Eco, molte note, altre assai meno, e per coglierle tutte in tutta la loro sfaccettata profondità questo è un doc che andrebbe rivisto più di una volta. Imparato a memoria, quasi.
Ma quel che conta è che il pensiero e la parola di Eco fanno pensare, e fanno ridere.
Lo fa Eco, lo fa il film di Davide Ferrario, che è uno che il cinema e il suo linguaggio lo conosce benissimo, e sa quindi come gestire alla perfezione i modi, i tempi e i ritmi di un racconto che è stratificato, multiforme e poliedrico come è stato Eco, e come è quella sua meravigliosa e stupefacente biblioteca.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival