Nerve: recensione del film con Emma Roberts e Dave Franco
Un thriller al neon "sui pericoli di internet" e sui rischi legati ai giochi online.
Il liceo che è un inferno (anche se le protagoniste vanno per i trenta). Internet e i suoi pericoli, i giochi online che i ragazzi nascondo ai genitori, le organizzazioni che se hanno i tuoi dati sanno tutto di te. Perfino la democrazia diretta e le sue derive. E "Gita al faro", così, appoggiato, per dare legittimazione intellettuale.
Film come Nerve sono un gran calderone. Film come Nerve non si accontentano dell'intrattenimento che sanno o tentano di regalare ai loro spettatori, ma vogliono anche farsi riflessione sociologica, e monito morale.
Nerve, insomma, non vuole essere solo uno scatenato Tutto in una notte che vede protagonisti due ragazzi eterodiretti dal Popolo del web, ma anche un film che "faccia pensare".
Però, a giudicare dal contenuto prima ancora che dai risultati, da pensare viene prima di tutto che, forse, la sceneggiatrice Jessica Sharzer non ha bene idea di come funzionino davvero la rete e le sue dinamiche; e che forse non ha nemmeno dei figli che la utilizzano come fanno i ragazzi di Nerve.
E se ne ha, peggio mi sento.
Dall'uso degli smartphone, fino alla comparsa di uno dei gruppi hacker più improbabili che si siano mai visti, non c'è un dettaglio relativo alla tecnologia e a internet che sia figlio di una reale osservazione e non di quel moralismo borbottante che, anche sui media tradizionali come televisioni e giornali, lamentano che "i ragazzini fanno i video sul telefonino e poi li mettono online."
La tirata moralista che nel finale viene messa in bocca a Emma Roberts (decisamente poco credibile come "l'amica sfigata" che non riesce a trovare un fidanzato) è allora ancora più risibile, nei suoi appelli del tipo "non nascondetevi dietro un nick", o "non è un gioco, ci sono vite reali coinvolte".
Sorprende un po', ma neanche troppo, che dietro la macchina da presa, in Nerve, ci siano Ariel Schulman e Henry Joost: gli stessi di Catfish, un documentario incentrato proprio su alcune dinamiche relazionali e legate all'anonimato della rete di cui si era molto parlato e che non incorreva negli stessi peccati di superficialità presenti invece in questo loro nuovo film di finzione, che arriva dopo due non particolarmente memorabili capitoli di Paranormal Activity.
Evidentemente, tutti eccitati dall'idea di uscire dalla gabbia del found footage (anche se pure qui, le regole della storia impongono innumerevoli soggettive dallo smartphone di questo o quel personaggio, a volte in maniera anche un po' irrealistica e arbitraria), i due registi hanno privilegiato una messa in scena adrenalinita, iperattiva (che almeno non annoia) e tutta al neon, dove i blu e gli arancioni abbondano come in troppe locandine degli ultimi anni, e dove non si capisce bene se l'azione segua il copione o il contrario.
Del tutto arbitrario è poi il parallelo irato fuori di recente tra il gioco online al centro della trama di Nerve, con le sue sfide scriteriate da affrontare, e Blue Whale: più che una riflessione sullo stato delle cose digitali, Nerve sembra piuttosto un goffo tentativo di adeguamento all'era dei social dei canoni più standardizzati del teen movie (la sfigata, l'amica queen bee, le rivalità, la riscossa, l'incognita del futuro e del college).
Ma anche lì, bene non andiamo.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival