Né Giulietta né Romeo: recensione del primo film da regista di Veronica Pivetti
Una commedia contro l’omofobia e la famiglia che non è di sostegno.
Ha un’anima inquieta Veronica Pivetti, un carattere insospettabilmente
malinconico, un lato nascosto che la giovialità di una galleria di personaggi positivi,
energici, dirompenti e allegri ha tenuto segreto a quanti da tempo ammirano la sua verve
sul piccolo e grande schermo nonché a teatro. Questo io "altro", che
sappiamo appartenere a un’ex adolescente in conflitto con i genitori, si manifesta
oggi sotto forma di nuova scelta lavorativo- artistica.
A cinquant’anni,
infatti, l’attrice milanese dai capelli mossi e il sorriso aperto è diventata
regista e partecipa all’impegnativo agone delle opere prime con una storia
“scomoda” autobiografica solo nella misura in cui parla di incomprensioni
familiari.
Basato su una sceneggiatura di Giovanna Gra e patrocinato da Amnesty
International per il suo essere un’opera che si batte per la salvaguardia dei diritti
umani, Né Giulietta né Romeo
è un film importante perché affronta, senza parossismo ed
esagerazione o censure ipocrite, il tema dell’omosessualità
giovanile.
Metafora, anzi sineddoche della nostra società fortemente
omofoba è la famiglia Bordin, che si culla in un finto
progressismo e in una cultura ostentata più che introiettata fino a quando la
consapevolezza di avere "il diverso" fra le mura di casa non genera una crisi
profonda, insensata, incomprensibile.
C’è delicatezza e rispetto nel modo in cui il dramma dell’adolescente Rocco viene scandagliato, e molto umorismo, un umorismo giovane, che denota un’ottima conoscenza da parte della Pivetti dell’universo dei teenager e il desiderio di privilegiare il punto di vista dei ragazzi. C’è anche coraggio, perché si parla di sesso, masturbazione, desiderio e di una differente "prima volta". La neoregista, insomma, sa come colpire e, scegliendo di cucirsi addosso un personaggio antipatico, lascia che a catturare le simpatie siano – quasi sempre in maniera lieve – Andrea Amato, Carolina Pavone e Francesco De Miranda. I “loro” Rocco, Maria e Mauri sono davvero ben costruiti e quindi "portatori sani" di autenticità, e se andassimo in un qualsiasi liceo, ne troveremmo parecchi di ragazzi così.
Laddove, invece, il film capitombola nello stereotipo è nei personaggi della nonna "più realista del re" e del padre di Rocco, psicoanalista di successo dall’ego smisurato e dai discorsi scontati. Se quest’ultimo è l’ennesima conferma in carne ed ossa dello snobismo intellettuale e della pochezza emotiva di certa sinistra radical chic, la prima – che controbilancia l’ex genero con un fascismo duro e puro – ahimé è una macchietta, e come tale rischia di guastare la spontaneità e il giusto anticonformismo di un prodotto che ha nel DNA la necessità di allontanarsi dal cinema delle commedie consolatorie e dalla tv di nonno Libero.
Compatto e spedito nella prima parte, Né Giulietta
né Romeo si sfilaccia un po’ nella seconda, quando da
romanzo di formazione passa a essere un rocambolesco inseguimento fra Roma e Milano,
città in cui Rocco & Co. assistono ai concerti di una
popstar gay ostracizzata per i suoi gusti sessuali. In queste sequenze il ritmo rallenta, si
frammenta, e anche l’urgenza del film sembra venir meno, minacciata da un
eccessivo numero siparietti mamma/nonna.
Naturalmente è encomiabile il
desiderio della regista di coinvolgere le altre generazioni nella sua denuncia
– perché di denuncia si tratta – ma la prevalenza del
coté comico è una cascata d’acqua che rischia di estinguere un
fuoco così ben alimentato a inizio film.
Le fiamme fortunatamente si ravvivano in una scena buffissima ambientata in un garage malmesso, ma la verità è che avremmo voluto restare per più tempo "ad altezza figli". Perché sono i figli – certi figli – che hanno davanti il destino più inclemente, una sorte che fa rima con pregiudizio ed emarginazione. Sono loro che dobbiamo proteggere e soprattutto accettare, ed è bello che un film lo ricordi.
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali