Mollo tutto e apro un Chiringuito: la recensione della commedia imbruttita

06 dicembre 2021
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Il Milanese Imbruttito arriva al cinema nella commedia Mollo tutto e apro un Chiringuito, che lungi dall’essere una sequela di gag, è un racconto cinematografico curato, complesso e molto divertente.

Mollo tutto e apro un Chiringuito: la recensione della commedia imbruttita

Se c'è una figura comica del ventunesimo secolo che certamente passerà alla storia, è il Milanese Imbruttito, nato come pagina Facebook e ormai inscindibile dal suo interprete Germano Lanzoni. Nella città più “imbruttita” d’Italia, Milano, il Signor Imbruttito fa il parcheggio "creativo", lavora nell’office, usa acronimi e diminutivi, e crede fermamente nella doppia "F" (laddove la prima sta per l'organo sessuale femminile e la seconda per fatturato). Ma queste cose molti le sanno già, ed è per rendere omaggio a una serie di tormentoni legati al personaggio dell'Imbruttito che il film comincia con una leggera variante dell’arcinoto sketch del time saving, accompagnato da quel "taac" inventato da Renato Pozzetto ma diventato ormai l’esclamazione principe del workaholic sempre di fretta e dalla camminata veloce.

Fa piacere, se si è Imbruttito-maniaci, riconoscere ciò che conosciamo già e soprattutto assistere alla crisi depressiva dell’Imbruttito, che, invece di girare in macchina, attraversa la città con lo sposta-poveri (il tram) e capisce che, per dare una svolta alla propria esistenza, deve aprire un chiringuito in Sardegna: non in Costa Smeralda, come pensava lui, ma un un paesino sperduto chiamato Garroneddu.

Ora, è in questa primissima parte del film che ci si diverte un mondo e si ride fino a cascare per terra, e motore della comicità è indubbiamente il clash (lo scontro) che si viene a creare fra la mentalità imprenditoriale e la ultra-modernità del meneghino e i ritmi lenti e l’ancestralità di un microcosmo chiuso alla tecnologia e orgogliosamente ostile. Pietro Belfiore, Davide Bonacina, Davide Rossi, Andrea Fadenti e Andrea Mazzarella - alias Il Terzo Segreto di Satira - non potevano creare un contrasto migliore, e l’Imbruttito che tenta di addomesticare alla sua vita da trottola e al suo essere smart un’umanità testarda e diffidente vale veramente il film, film che certamente non deriva dalla scelta facile di allungare il brodo o inanellare una serie di gag fino a raggiungere un'ora e mezza di durata.

C’è un'idea di racconto cinematografico alla base di Mollo tutto e apro un chiringuito, e lo si vede innanzitutto dai personaggi secondari che tutto sono tranne macchiette, a cominciare dal Bastiano dell’immenso Benito Urgu, armato di canottiera e Ape celestina. E perfino coloro che sono riconducibili a dei caratteri appaiono costruiti con intelligenza, perché mettono alla berlina manie e "pose" squisitamente contemporanee che trascendono i confini regionali. Fulgido esempio ne è il Brusini di Paolo Calabresi, che indossa le pantofole veneziane ormai diventate scarpe e ostenta il più cieco integralismo nel difendere l’ambiente.

Hanno le idee chiare Bonacina & Co. anche sulla fotografia e sullo stile di regia, e da una parte "nordica" narrata per immagini con colori freddi, passano gradualmente a un racconto più epico, con toni e tonalità quasi da western. Ricorrono alla steadycam i filmmaker e soprattutto ci dicono qualcosa di molto importante, o meglio è Bastiano a dirlo al Signor Imbruttito che vorrebbe imporre la sua filosofia ai sardi. “Non bisogna portare l’imbruttimento ai Sardi, bisogna vendere la Sardegna agli imbruttiti” – sentenzia Urgu, sottolineando la pericolosità dei contemporanei squali del capitalismo e le minacce sempre più inquietanti di una globalizzazione che non consiste solamente nel mangiare tutti le stesse cose e comprare nelle stesse catene di negozi ma anche nello svuotare una cultura della sua identità, che è fatta anche di prelibatezze alimentari, abitudini spartane e folclore. L’Imbruttito riflette su tutto ciò e, come San Paolo folgorato sulla via di Damasco, all’improvviso decide di insegnare le sue strategy ai locali (o meglio ai locals) e disimpara i tempi stretti e la dipendenza dal cellulare.

E tuttavia, se questa seconda parte di film parla di più la lingua della settima arte, contiene un messaggio positivo e mostra la lenta trasformazione del protagonista, da un lato è meno spassosa, dall'altro diventa quasi uno spot pubblicitario della Sardegna. E allora a poco vale la sequenza di una festa in Costa Smeralda dove l’Imbruttito, il mitico Giargiana e due sardi ne combinano di tutti i colori. E’ come se la preoccupazione dei registi di allontanarsi dal format breve degli sketch avesse spinto Il Terzo Segreto di Satira a snaturare parzialmente un'icona, perché il personaggio di Lanzoni è ormai entrato di prepotenza nell’immaginario collettivo e, se lo si cambia, si rischia di spiazzare i suoi fan. E infatti l’irresistibilità di Mollo tutto e apro un Chiringuito sta nell’impossibilità dell’Imbruttito di adattarsi a contesti diversi dalla città con il Duomo che non siano Courma (Courmayeur) e Santa (Santa Margherita Ligure). Quando questo giochetto finisce, l'ilarità scema.

Per fortuna, a salvare la commedia dal buonismo è il fatto che il Signor Imbruttito è già buono di suo. Ha un cuore grande, e non è mica colpa sua se lo hanno fatto nascere a Milano. Dobbiamo ammettere, però, che ci è mancata un po’ la sua rabbia. Per questo ci auguriamo che, nel caso di un sequel, i registi riescano a regalarci un film un po’ più… imbruttito.



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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