Life: non oltrepassare il limite, la recensione dell'horror di fantascienza con Ryan Reynolds e Jake Gyllenhaal

22 marzo 2017
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Nello spazio nessuno può sentirti urlare, ma echi dell'Alien di Scott e successivi si sentono lo stesso.

Life: non oltrepassare il limite, la recensione dell'horror di fantascienza con Ryan Reynolds e Jake Gyllenhaal

"Oh, I get the shivers
I don't want to see a ghost,
It's a sight that I fear most
I'd rather have a piece of toast
And watch the evening news"

Cantava così Des'ree, in una canzone dal testo non particolarmente memorabile (per usare un eufemismo) che aveva lo stesso titolo di questo film di fantascienza di Daniel Espinosa.
Non ci sono fantasmi di cui aver paura, qui, ma organismi alieni che si rivelano letali e micidiali e che iniziano a falcidiare, uno dopo l'altro, i membri della stazione spaziale internazionale che li hanno portati a bordo, con finalità scientifiche.

Se anticipiamo, senza che questo rappresenti uno spoiler significativo in alcun modo, che nel finale di Life un ruolo non di secondo piano lo gioca una capsula di salvataggio, capirete bene che questo film non può non portare alla mente l'Alien di Ridley Scott e i capitoli successivi arrivati via via.
L'originalità, insomma, non è il punto forte di Life: ma va anche detto che non lo vuole essere, o perlomeno non vuole esserlo a tutti i costi. Non è sul cosa succede, che Espinosa punta le sue fiches, ma sul come: e qualche morte davvero divertente (o orripilante, a seconda dei punti di vista) gli fa pure vincere la sua scommessa.

L'impressione, però, è che la vera grande ambizione di Espinosa riguardi direzioni ed equilibri. Riguardi il sovvertire non tanto le aspettative, quanto i punti di riferimento del pubblico, cercando di applicare la condizione di assenza di gravità, e quindi di rivoluzione totale nel concetto stesso di orientamento cardinale, al racconto.
Sul fluttare libero dei suoi protagonisti, sul ribaltamento continuo e improvviso tra alto e basso, pavimento e soffitto, destra e sinistra, il regista svedese trapiantato a Hollywood gioca esplicitamente, a partire dalle primissime immagini del film. Ed è chiaro che cerchi di applicare la stessa libertà totale, lo stesso svincolamento dalle restrizioni gravitazionali, anche alla storia di un film che se un momento vuole essere genere puro, in quello immediatamente successivo, o precedente, pare voler tirare in ballo questioni più serie e complesse.
Alto e basso, appunto.

Da un lato lo pseudo-rigore scientifico, i dilemmi etici e morali che i protagonisti si trovano di fronte quando diventa chiaro che l'organismo alieno che han portato a bordo nel nome della scienza e del progresso - e che è stato ribattezzato Calvin - è una minaccia; quando devono scegliere se salvarne uno o salvarsi tutti, se salvarsi loro o salvare la Terra.
Dall'altro Calvin, un po' polpo gelatinoso, un po' orchidea marziana, che alla fine allo xenomorfo di Alien finisce pure con l'assomigliare un pochino; le morti coreografiche, il sangue che galleggia a gravità zero, la tensione più primaria ed elementare.

Il paradosso è che, fortunatamente, i secondi vincono sui primi, il genere sulla filosofia, l'alieno assetato di sopravvivenza sull'accigliato Jake Gyllenhaal che sta meglio nello spazio che sulla Terra, o sulla Rebecca Ferguson dall'occhio languido e la pelle di porcellana che si costringe a scelte difficili. Per non parlare dell'astronauta dalle gambe paralizzate che nello spazio non sono un handycap, ma che tutela Calvin perché chissà quali progressi medico-scientifici potrebbe garantire.
Fortunatamente, però, Calvin c'è. Ed Espinosa sa anche come rendere elettrizzanti e cariche di tensione certe scene.

Con Life, alla fine, ci si diverte, anche quando fa il pensoso: gli avrebbe giovato solo un po' più d'ironia. Quell'ironia che si lascia intravedere, timida, nel finale che è genere puro, e nella "Spirit in the Sky" che accompagna le ultime scene e l'inizio dei titoli di coda.

"Life, oh life, oh life, oh life,
Doo, doot doot dooo."



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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