La battaglia dei sessi: la recensione

18 ottobre 2017
3.5 di 5
50

Emma Stone e Steve Carell protagonisti di un film che racconta la vera storia del match di tennis tra Billie Jean King e Bobby Riggs. Molto più che il racconto di una pur storica partita.

La battaglia dei sessi: la recensione

Valeva la pena raccontare al cinema la storia di uno dei match tennistici più famosi di tutti i tempi, quello che nel 1973 vide sfidarsi - nel contesto di quello che era più un grande show televisivo all'americana che una semplice partita a tennis - una campionessa come Billie Jean King, che stava lottando per dare pari dignità salariale e non solo alle tenniste donne, e un campione un po' bollito e molto cialtrone come Bobby Riggs, uno che amava le scommesse e le sparate, e che si era costruito su misura, e con orgoglio, il personaggio del porco sciovinista.
Ne valeva la pena perché è una bella storia, perché è stato un evento che ha segnato la storia della società americana e dei rapporti uomo-donna anche fuori dai campi di gioco, perché conteneva in sé tutti gli elementi necessari a trasformarsi in un film coinvolgente, divertente e perfino commovente come sono stati capaci di fare Jonathan Dayton e Valerie Faris.

Poi certo, la cronaca recente e non, grave e meno grave (dalle polemiche tra John McEnroe e Serena Williams fino all'Harvey-gate che domina le cronache, passando per l'attuale presidente degli States e i certi politici italiani), ci insegna che in fondo non è che su certe cose si siano fatti troppi passi avanti, in questi quaranta e qualcosa anni che son passati. Magari la superficie delle cose è migliore, più liscia, più accettabile, ma sotto sono ancora tanti i Bobby Riggs che si muovono e si agitano. Peggio ancora, sono tanti i Jack Kramer, i veri ma oscuri burattinai di gente come Riggs, in fondo solo un po' ottusa, un po' spaccona, un po' fragile e spaventata.

E allora ecco che dietro il racconto morale e un po' esaltante dell'impresa di Billie Jean, oltre i momenti divertenti e commoventi, le canzoni come "Rocket Man", "Crimson and Clover" o "I Call It Love", oltre a quella partita di tennis ricostuita alla perfezione utilizzando le immagini d'epoca, sta in quello che si muove sotto la superficie dello spettacolo il vero cuore di La battaglia dei sessi. Sta nel racconto del privato dei suoi due protagonisti, ottimamente interpretati da Emma Stone e Steve Carell.

Lei, alle prese con una battaglia di diritti forse più grande di lei, e con una rivoluzione nella propria vita privata e sentimentale che l'ha prima terrorizzata e poi spinta ancora più oltre, lì dove aveva bisogno di andare, e ancora più lontano, diventato una bandiera dei diritti in senso più ampio che unicamente femminile e femminista.
Lui, uomo a pezzi che tenta di stare in piedi sparandole sempre più grosse, cercando di mascherare la sua crisi - la crisi dell'uomo contemporaneo - dietro un personaggio ridicolo e caricaturale, capace di essere davvero sé stesso (in tutte le sue piccolezze e le sue debolezze, nel male, certo, ma anche nel bene) solo di fronte alla moglie.
Lei, incarnazione del futuro. Lui, residuo di un passato che ancora non se ne vuole andare.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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