L'été dernier: la recensione del film di Catherine Breillat presentato al Festival di Cannes 2023
Una donna e una relazione con il figlio del compagno. Un dramma che segna il ritorno dopo anni di Catherine Breillat, L'été dernier, che alimenta discussioni dopo la visione. La recensione di Mauro Donzelli.
Il desiderio è l’impulso centrale che domina da sempre la carriera della regista francese Catherine Breillat. Nel suo cinema è elemento destabilizzatore, irrequietezza capace di sconvolgere le vite, mette a disagio, più che rappresentare la più nobile delle condivisione. Non si smentisce neanche ora, a 74 anni, quando torna a distanza di dieci anni dal suo lavoro precedente, Abus de faiblesse.
Meno esplicitamente carnale di altre volte, qui mantiene la dinamica di potere come centrale all’interno della relazione sessuale, tornando a indagarla con al centro protagonisti di generazioni diverse. Nel remake - molto libero - del danese Queen of Hearts, la regista ha trovato lo slancio e la voglia per tornare a dirigere un film, proprio quando sembrava non sarebbe più accaduto. E tutto sommato la pausa le ha giovato, aumentando l'attenzione al ritmo del racconto, contenendo i suoi personaggi nella verosimiglianza che intriga, senza caricarli di missioni militanti, o anche solo di caratteriste fuori controllo.
Un’avvocata di successo, Anne, vive con dinamismo e apparente serenità la sua vita con il marito, manager dalle grandi responsabilità, e due figlie piccole. La loro signorile villa fuori città, la cui quiete alto borghese è scaldata solo dalle deliziose piccole abitanti, viene improvvisamente destabilizzata dall’arrivo di un nuovo inquilino, Theo, il figlio di 17 anni del padrone di casa nato da una compagna precedente. È in fuga da una irrequietezza costante che lo porta a mettersi nei guai nella natìa Ginevra, ma che porterà con sé, influenzando anche Anne, nell’estate a cui si riferisce il titolo del film, L’été dernier.
Anne è inizialmentescocciata dall’irruzione, dal disordine che porta lo stile di vita del ragazzo. Fino a che un barlume di complicità li avvicina per la prima volta, quando lei individua con prove schiaccianti nel neo inquilino l’autore di un furto in casa, che ha portato a qualche mobile rovesciato e al furto di una borsa, con qualche oggetto di valore.
Un adolescente ribelle (qualche canna e costante insofferenza), come i tanti che Anne frequenta quotidianamente nel tuo lavoro di avvocata. Theo è Samuel Kircher, fratello minore di Paul, ottimo protagonista di Le Lycéen di Christophe Honoré. I due sono figli della splendida Irène Jacob (La doppia vita di Veronica e Film rosso). Magnetica e sempre più spietata e lucida nel corso dello svilupparsi del film, la prestazione invece di Léa Drucker/Anne. Senza entrare troppo nelle svolte della trama, L’été dernier evita la scorciatoia dell’edificante e della storia a tesi, ma non solo, rifugge al contrario di altri sfortunati precedenti del passato della Breillat anche dalla volontà di sconvolgere, puramente e semplicemente.
Ne viene fuori un’asciutta e tutto sommato non inverosimile dinamica più interessata al genere, allo spiazzamento, che all’analisi processuale o morale su una relazione che coinvolge due persone di generazioni così lontane. In questo modo emergono sfumature e compromissioni umane, permettendo alla vicenda di appassionare, aderendo alle parti grigie della natura umana, evitando piedistalli e imposizioni.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito