Io sono Ingrid - la recensione del documentario su Ingrid Bergman

17 ottobre 2015
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Dai filmini famigliari dell'attrice e i ricordi dei figli un ritratto ricco e commovente della donna dietro la star.

Io sono Ingrid - la recensione del documentario su Ingrid Bergman

Ingrid Bergman era nata a Stoccolma il 29 agosto 1915 (noi l’abbiamo ricordata qua) ed è in occasione del centenario della nascita della famosa attrice che, dopo esser passato allo scorso festival di Cannes, esce per soli due giorni in sala - il 19 e il 20 ottobre - questo film documentario sulla sua vita. A volte noi appassionati di cinema dovremmo proprio ringraziare chi ci fa certi regali. In questo caso la nostra più sincera gratitudine va a Isabella Rossellini, che ha proposto al celebre critico svedese Stig Björkman – autore tra l'altro di fondamentali libri e interviste con Woody Allen e Lars Von Trier - di fare un documentario su sua madre.

La prima delle molte sorprese di Io sono Ingrid, il film ritratto nato da questa collaborazione, è che il soggetto della storia finisce per esserne l'autrice. Perché scopriamo che oltre a conservare per decenni lettere, fotografie e diari (che costituiscono la “sua” voce narrante nel film) senza mai perdere neanche una traccia della sua memoria nel corso dei numerosi traslochi della sua vita, la Bergman era da sempre attrice/regista, una donna che aveva con la cinepresa un rapporto che andava al di là di quello professionale. Rimasta orfana di madre a 2 anni, la futura attrice vive con l'amatissimo papà, che spesso la fotografa e, da vero pioniere del mezzo, la riprende fin da piccolissima. Sono degli home movies ben conservati, che ci mostrano la Bergman in un periodo della sua vita destinato a essere funestato da lutti di amici e parenti. Quando Ingrid ha solo 13 anni, anche il padre muore e lei ne raccoglie l’eredità iniziando a documentare la sua vita, le persone che ama, la passione per il cinema, i figli e le famiglie, i viaggi, il lavoro.

Scrive nel diario dei suoi esordi da attrice in Svezia, come molte giovani ragazze promette eterno amore al fidanzato e futuro marito Petter Lindstrom, riprende scene di vita privata, si interroga e si confessa nelle lettere dall’America alle compagne svedesi prima e alle amiche hollywoodiane Ruth Roberts e Irene Selznick – moglie del grande produttore David Selznick che scoprì l'attrice e la portò in America – poi, proclama il suo grande amore per la recitazione, che resterà per tutta la sua vita il suo luogo privilegiato, totalizzante ed esclusivo. Chi ha letto la bellissima autobiografia dell’attrice scritta con Alan Burgess, “La mia storia”, conosce già molti degli episodi narrati in questo documentario ma quello che lo rende straordinario sono proprio le immagini di vita privata, di qualità in genere molto alta, che unite alle testimonianze dei figli Pia, Isabella, Isotta e Roberto, restituiscono fedelmente l’enorme vitalità e peculiarità della Bergman persona, madre/amica, amante e artista, con i suoi straordinari pregi e difetti.

E' una donna pronta a lasciare tutto e tutti, ad abbandonare una carriera e un paese e a non vedere per lungo tempo la figlia maggiore pur di inseguire un sodalizio dapprima artistico e poi sentimentale con Roberto Rossellini a cui in sette anni di matrimonio dà tre figli. La collaborazione non è del tutto felice, come lei stessa racconta, mentre il loro rapporto le costa l’ostracismo di una Hollywood puritana e moralista. Dalla meravigliosa Ilsa di Casablanca, dai film di Alfred Hitchock e dalla partnership con attori come Humphrey Bogart, Cary Grant e Gary Cooper, Ingrid Bergman si ritrova struccata e costretta a recitare con non professionisti, a improvvisare, cosa alla quale non è assolutamente preparata.

Le immagini delle vacanze nella villa di Santa Marinella, coi figli e il marito, gioiose, affettuose e atletiche (in tutto il film la vediamo cimentarsi nel nuoto, nei tuffi, nell’equitazione e in altre attività sportive) rispecchiano una felicità intensa che si interrompe quando il regista si allontana nella sua Ferrari per partire per l'India e l’attrice viene lasciata irrequieta nel suo desiderio di trovare altre forme di espressione. La vita casalinga dopo un po’ la annoia, il teatro e il cinema la chiamano, sono sirene a cui non può resistere. Tre famiglie nella sua vita, quattro figli, la ricerca incessante di un luogo dell’anima che sembra ritrovare nella villa sull’isola svedese di Danholmen assieme all’ultimo compagno, il produttore teatrale Lars Schmidt, dal quale tuttavia divorzierà nel 1975, sette anni prima della sua morte prematura.

Il fascino di una donna dalle molte contraddizioni, dall’estremo rigore e dall’acuta intelligenza e cultura (nel film la sentiamo parlare in 4 lingue) emerge prepotente dalle immagini e dalle voci di questo documentario ed è l’omaggio migliore a una delle attrici più talentuose e affascinanti del mondo, che non si è mai riconosciuta nel ruolo di star. Il suo leggendario perfezionismo e il suo metodo attoriale vengono fuori dalle scaramucce sul set col regista Ingmar Bergman, commentate da Liv Ullman che interpretò il ruolo della figlia in Sinfonia d’autunno, suo ultimo film per il cinema.

Ingrid Bergman era una donna che amava tantissimo i figli, la vita e l’arte, e che al termine della sua autobiografia, due anni prima della morte, scriveva per sé la seguente epigrafe:

Ho sempre pensato che avrei continuato a recitare per tutta la vita perché il mio mondo è quel castello di finzioni che noi, gente di cinema e di teatro, sappiamo creare. Conosco l’angoscia che si prova la sera della prima, che cementa l’affiatamento e unisce quelli che la condividono in una grande famiglia. Ogni sera usciamo in palcoscenico e viviamo di questo nostro mondo inventato. E’ una vita a cui non è necessario rinunciare. Dopo tutto ci sarà sempre bisogno di una vecchia strega in qualche spettacolo, soprattutto verso Natale, e ora, nonostante sia giunta al tramonto, ho ancora questo da attendere”.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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