Il ricco, il povero e il maggiordomo: la recensione della commedia di Aldo, Giovanni e Giacomo
Il trio non perde la verve comica, ma il film non è tra i più divertenti.
Ogni escursione cinematografica di Aldo, Giovanni e Giacomo ha sempre ricevuto calorose accoglienze da parte del pubblico. Escludendo lo spettacolo teatrale Anplagghed riproposto al cinema, i sette film realizzati dal trio hanno generato incassi per circa 220 milioni di euro. Volendo ripensare ai comici che hanno ottenuto la fama in TV per poi sbarcare al cinema con il loro film, Aldo, Giovanni e Giacomo sono stati i pionieri 17 anni fa con Tre uomini e una gamba, uno spassoso road movie con una storia semplice che ne esaltava il repertorio comico. Quel successo ha sdoganato altri comici/cabarettisti, lanciati al cinema da produttori che intravedevano nuovi orizzonti per la commedia italiana.
Come per i precedenti film, anche ne Il ricco, il povero e il maggiordomo gli attori interpretano personaggi che portano i loro stessi nomi. A onor del vero, c’è sempre stata una certa onestà intellettuale nel rapporto che i comici hanno coltivato con il pubblico, televisivo, teatrale o cinematografico. È come se fin dall’inizio dell’avventura sul grande schermo, loro stessi dicessero “noi siamo quelli che avete visto in TV o a teatro, facciamo questo e vorremmo farvi divertire”. C’è sempre stata una grande consapevolezza dei propri limiti in termini di trasformazione scenica al cinema, in cui i tempi comici sono completamente diversi. Ancor prima di sapere chi interpreta chi, è facile immaginare quale dei tre abbia la parte del ricco, quale sia il maggiordomo e chi possa essere più a suo agio nei panni del povero. La credibilità del registro comico non è mai venuta meno, mentre le storie che potessero farli interagire non sempre sono state all’altezza.
In questo film, co-diretto dal loro collaboratore di lunga data Morgan Bertacca, il pretesto è il collasso finanziario del miliardario Giacomo che trascina nel gorgo anche il suo maggiordomo e autista Giovanni. Il giorno prima i due avevano investito lo squattrinato venditore ambulante Aldo promettendogli un risarcimento ridicolo per non sporgere denuncia. La vita vera insegna che vita se un povero è in difficoltà il ricco gli fa l’elemosina, se un ricco è in difficoltà il povero gli dà vitto e alloggio se necessario. Allineandosi con la realtà, la trama del film unisce il trio sotto lo stesso tetto, quello di Aldo, il quale è costretto a fingersi un petroliere dell’Azerbaijan per sedurre la dirigente bancaria Francesca Neri affinché conceda liquidità a Giacomo. E ristabilire gli equilibri di tutti.
Malgrado la verve di Aldo, Giovanni e Giacomo appaia sempre solida, il film non ottiene il massimo rendimento comico dalle situazioni imbastite. La coralità del cast che senza dubbio dà corpo allo sviluppo, si traduce parzialmente in una perdita di ritmo dovendo seguire le forse troppe sottostorie che si riproducono dai tre personaggi principali (Giacomo alle prese con la moglie e la dirigente di banca, Giovanni con la fidanzata messicana tornata in patria, Aldo con la squadra di calcio dell’oratorio e il problema con le donne). Ma proprio per quella consapevolezza di cui sopra, il trio sceglie tra di affidare i ruoli chiave secondari, oltre alla Neri, a due attori che fanno e hanno fatto grande il teatro italiano, Giuliana Lojodice e Massimo Popolizio. Interpretando lei la madre di Aldo e lui il sacerdote dell’oratorio, garantiscono al film maggiore freschezza interpretativa.
- Giornalista cinematografico
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