Tarantino, Nolan, Abrams e Apatow vanno al salvataggio della pellicola
I quattro registi pressano gli Studios perché garantiscano alla Kodak la sopravvivenza del film in celluloide.
Sulla morte della pellicola, negli ultimi anni, ne abbiamo sentite di tutti i colori. Una morte a lungo annunciata, un'agonia vera e propria, il cui esito, però, sembrava davvero inevitabile.
Almeno fino a oggi.
In quello che potrebbe essere l'ultimo tentativo per garantire la sopravvivenza del film in celluloide si sono schierati infatti quattro cavalieri di tutto rispetto, quattro registi dai percorsi e dalle produzioni molto eterogenei che si sono però ritrovati assieme nel nome della pellicola.
Parliamo di Quentin Tarantino, Christopher Nolan, J.J. Abrams e Judd Apatow, impegnato in una crociata per fare pressione sugli Studios hollywoodiano affinché garantiscano alla Kodak, che solo di recente è riuscita ad arginare un tracollo che sembrava inarrestabile, l'acquisto di un certo quantitativo di pellicola ogni anno, indipendentemente da quanti film verranno poi girati tradizionalmente e non in digitale. Una mossa che permetterebbe alla Kodak di stabilizzare i suoi conti e di perseverare nella produzione di pellicola.
Se qualche tempo fa, la richiesta della stessa Kodak agli Studios di partecipare finanziariamente in una fabbrica dedicata alla produzione di pellicola cinematografica, e destinata alla chiusura, era caduta praticamente nel vuoto, l'iniziativa di Tarantino, Nolan, Abrams e Apatow ha invece riscontrato delle reazioni che, per il momento, sono tiepide ma comunque positive.
Bob Weinstein, ad esempio, ha commentato che si tratterebbe di un serio impegno finanziario, ma che “non potremmo più guardare alcuni dei nostri registi negli occhi, se non facessimo questo tentativo.” E lo stesso Apatow ha dichiarato che “sarebbe tragico se un domani i registi non avessero più la possibilità di girare in pellicola”, ferma restando la validità dell'opzione digitale, supportata invece senza troppi riguardi per la celluloide da produttori come Ian Bryce, più attenti ai conti e alla ricchezza del proprio portafogli che non alla quella del cinema.