Super Mario Bros. del 1993: dopo 30 anni un processo sommario al primo film basato su un videogioco
Super Mario Bros. con Bob Hoskins e John Leguizamo uscì nel 1993 e imbarazzò molti, attore protagonista compreso. Col tempo tutto diventa un cult e il film di Rocky Morton e Annabel Jankel non ha fatto eccezione. Ma è proprio il caso di perdonarlo? La parola alla difesa e all'accusa, a voi il ruolo della giuria.
Super Mario Bros. uscì nell'ottobre 1993, pubblicizzato come il primo film mai tratto da un videogioco: interpretato da Bob Hoskins e John Leguizamo nei panni di Mario e Luigi, diretto da Rocky Morton & Annabel Jankel (dietro alla serie tv Max Headroom), fu un flop da quasi 39 milioni di dollari d'incasso mondiale per un budget di oltre 45. Un vero disastro, che per giunta è stato a lungo tempo considerato uno dei film più brutti mai realizzati. Come spesso accade a questi inciampi, stile Howard e il destino del mondo del 1986, il tempo è però in grado di dare un'aura di culto alle opere fuori dai canoni, goffe o riuscite che siano, complice la nostalgia. Ora che Super Mario Bros. - Il film, il cartoon dell'Illumination Entertainment, è dietro l'angolo, può essere divertente chiedersi cosa pensare di quel lontano primo esperimento. E lo facciamo con un bel processo sommario, perché no? La parola alla difesa e all'accusa! A voi lettori il compito di deliberare: colpevole o innocente?
Super Mario Bros. del 1993 ha un suo perché: la difesa
Vostro onore, signore e signori della giuria, perché serbare rancore dopo trent'anni verso Super Mario Bros.? Adattare un videogioco al cinema è un triplo salto mortale, era normale che dalla forma non-lineare interattiva alla linearità della settima arte si passasse attraverso una certa incertezza: in fondo, se questo film non avesse rotto il ghiaccio, non saremmo mai oggi ad apprezzare la serie tv di The Last Of Us. Rispetto per gli apripista.
Ricordo poi a tutti come ci trovassimo all'inizio degli anni Novanta, e il registro ambiguo e non incasellabile di Super Mario Bros. non è così lontano da quello di un Tartarughe Ninja alla riscossa (1990): anche quel lungometraggio era buio, puzzava di vicoli malfamati, e ciò che ci appare fuori dai canoni oggi non lo era così tanto in quel momento storico. La produzione poi rimane molto ricca, con svariate location ricreate da zero e un production design che ricostruisce un noir cyberpunk appena più illuminato di quanto il genere ritenga giusto: originale.
Super Mario Bros. ebbe vicissitudini produttive? È normale nelle grandi produzioni, così come sono normali i confliti tra i registi e la committenza: è vero, il film ha gag troppo pesanti e grottesche per un film rivolto anche ai più piccoli, ma non è anche quello un elemento a favore della sua particolare identità? Il prodotto di una libertà creativa rispetto alla dittatura di un prodotto standardizzato? E che dire dei Goomba dal corpo enorme e dalla testa microscopica? Un irresistibile comico orrore.
E come si può poi odiare un film con protagonista un mito come il compianto Bob Hoskins, indimenticabile in Chi ha incastrato Roger Rabbit? Una presenza spiritosa e dinamica, che divide lo schermo con John Leguizamo agli esordi, ora sereno nel portare rispetto a quello che fu fino a quel momento il suo film più importante passato in sala. D'altronde sputare su Super Mario Bros. significa insultare chi da bambino è cresciuto con quel film: Samantha Mathis, interprete della principessa Daisy, si ritiene tuttora fiera di essere fermata da fan del film, perché - come giustamente sostiene - lasciare il segno nella vita delle persone è dopotutto il motivo che ti fa recitare.
Inutile infierire sul flop o accodarsi da pecoroni intellettuali fuori tempo massimo a denigrare Super Mario Bros.: ha fatto parte dell'infanzia di tanti spettatori, così come i videogiochi Nintendo dedicati all'idraulico baffuto. Anzi, dovremmo approfittare del recupero di diverse scene tagliate in una Morton-Jankel Cut realizzata dai fan per guardarlo con più serenità, ricordando anche che nella nostra versione italiana mancava il vero finale, che preannunciava un seguito, tutto da sognare.
Vostro onore, signore e signori della giuria: rilassiamoci.
Super Mario Bros. del 1993 è terrificante oltre il sopportabile: l'accusa
Vostro onore, illustri giurati e giurate, il fatto che Super Mario Bros. sia stato un apripista negli adattamenti cinematografici dai videogiochi non è un alibi, è anzi un'aggravante. Proprio in virtù del passaggio storico che rappresentava, la goffaggine del risultato ha contribuito per decenni a rendere questi adattamenti gli zimbelli delle produzioni cinematografiche, nei casi peggiori relegati per sicurezza a budget ridicoli in mano a Uwe Boll, in quelli relativamente migliori a cinema di genere gradasso a firma di Paul W. S. Anderson. Un cattivo giorno che si vedeva dal mattino.
Il collega della difesa citava Tartarughe Ninja alla riscossa come esempio di cinema per ragazzi dark dei primi Novanta, ma basta andare al di là di un'analisi superficiale per capire che i paragoni lasciano il tempo che trovano: il registro cupo del film di Steve Barron è uniforme e coerente, nella sua ingenuità Tartarughe funziona ed è compatto, mentre Super Mario Bros. soffre mostruosamente il tira & molla tra la produzione che mirava al prodotto per bambini e i registi che sognavano di rifare Mad Max o Blade Runner, pochi anni prima di Strange Days. E chissà per quale motivo poi. La narrazione, le gag, i personaggi si fermano a metà strada: troppo elementari per coinvolgere gli adulti, troppo brutti, monocordi e squinternati per incantare i più piccoli. Un vero pasticcio che non va da nessuna parte e gira a vuoto. Concordo: chiudere un occhio sui demenziali Goomba è possibile, ma andare oltre è farsi del male.
Libertà creativa? Un sano principio non può essere una scusa per coprire un'idea sbagliata a monte: sfidiamo chiunque abbia giocato a uno qualsiasi dei titoli Nintendo dedicati a Mario & C. negli ultimi quarant'anni a farsi venire in mente qualcosa di almeno lontanamente simile a questa roba che abbiamo di fronte. A voler essere tolleranti, qui c'è un imbarazzante concorso di colpa tra produzione e regia.
Concordiamo: Bob Hoskins è un mito, ma non lo ricorderemmo meglio soprassedendo su quello che considerava il film più brutto che avesse mai interpretato, da lui stesso definito - cito le testuali parole - "un cazzo di incubo", dalla lavorazione al risultato? E per una Mathis o un Leguizamo rasserenati, un altro grande compianto, Dennis Hopper, raccontò scherzosamente di aver perso il rispetto di suo figlio per aver recitato "così male" nei panni del villain Koopa (e, col massimo affetto per Dennis, non possiamo che concordare con la sua prole).
E ribadiamo un disperato appello: il legame personale anche con l'opera peggiore, una libertà sacrosanta che non vogliamo negare, non può tramutarsi in criteri di valutazione condivisibili da tutti, altrimenti la nostalgia per l'infanzia diverrà l'unica malinconica chiave di lettura del passato. Con coraggio, vostro onore, signore e signori della giuria, ammettiamo dunque che Super Mario Bros. è un insostenibile papocchio di poco più di un'ora e mezza, e dovremmo essere grati che la nostra edizione italiana ci abbia almeno fatto soffrire qualche minuto in meno!
Leggi anche
Super Mario Bros, Shigeru Miyamoto ci spiega la genesi del film di animazione