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Qui rido io, il romanzo su un artista della risata napoletana: Mario Martone e Toni Servillo a Venezia

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Un altro film italiano presentato in concorso al Festival di Venezia 2021. Qui rido io è il ritratto del grande comico teatrale napoletano Eduardo Scarpetta diretto da Mario Martone. Protagonista Toni Servillo. Così i due, alla Mostra, hanno raccontato questa nuova esperienza insieme. Il film sarà nei cinema dal 9 settembre.

Qui rido io, il romanzo su un artista della risata napoletana: Mario Martone e Toni Servillo a Venezia

Un applauso sonoro e convinto. Come quelli che per tante volte ha ricevuto Eduardo Scarpetta, al centro di Qui rido io, diretto da Mario Martone e presentato oggi in concorso al Festival di Venezia 2021. Un racconto della “tribù” del grande comico teatrale napoletano, fra patriarcato e i molti figli, illegittimi e mai riconosciuti, come Eduardo, Peppino e Titina De Filippo, oltre a quelli “ufficiali”, come Vincenzo, attore a cui lasciò poi la compagnia, interpretato proprio dal giovane erede del clan, Eduardo Scarpetta.

Qui rido io è in uscita nelle sale dal 9 settembre, sperando in un riconoscimento alla Mostra, distribuito da 01. “Ho voluto fare un romanzo”, ha dichiarato alla stampa Mario Martone, “in cui si entrasse e uscisse dalla scena senza soluzione di continuità. Dal palco a casa, mantenendo anche dolore e depressione, un altro lato caratteriale del grande istrione comico. L’arte, poi, ha a che fare con la vita, quindi anche con la comunità e la politica. Il teatro è un’assemblea, riunisce tante fasce sociali. Anche per questo è irrinunciabile. Scarpetta era un patriarca, ma ci sono nel film anche forti figure femminili, unite da una evidente sorellanza, che si aiutano a gestire queste varie famiglie, una situazione complessa. Oltre a opporsi alla potenza di Scarpetta come patriarca. Abbiamo fatto una sintesi fra alcuni dati storici e altri di invezione, come aver immaginato i figli al processo più grandi rispetto alla realtà. Non abbiamo voluto fare una biografia tradizionale, ma l’abbiamo scritta come una commedia, tutta in interni, inchinandoci a Eduardo De Filippo e alle sue opere, avendole studiate. Soprattutto la sua capacità di affrontare nella forma della commedia complessità, intrecci, le ombre della vita.”

“È un film che ci aspettava da 40 anni”, ha dichiarato Martone, ricordando la sua amicizia e collaborazione con Toni Servillo. Sono uniti da molte esperienze in comune a teatro. Proprio l’attore ha voluto omaggiare Scarpetta, inquadrandone la statura all’interno della storia del teatro, sottolineandone la sua carica innovativa. “Scarpetta inaugura la recitazione moderna, supera i bei canoni del teatro napoletano, che aveva precetti fortemente popolari, oltre a una forte eredità ancora della commedia dell’arte. Inaugura il ruolo importante del testo, tanto che il suggeritore viene allontanato, perché l’attore doveva conoscerlo a memoria. Rispetto al teatro di D’Annunzio la recitazione diventa naturale. Gli orpelli, le mitologie degli spettacoli del vate sono un’occasione ghiottissima per un genio della satira come lui. Si è divertito a graffiare, perché gli offriva anche il destro. Non si distingue quinta teatrale dalle tende del suo appartamento. Al centro, questo attore che come un animale marca il territorio dove si svolgerà la caccia. Le regole le detta lui le, le prede sono le donne, la famiglia, il quartiere, la città, il palcoscenico. In caccia di amore, successo, pubblico. Ma ha fatto come pochi grandi, come Rossini, se n’è andato prima che il pubblico si dimenticasse di lui”.

Ogni artista che invecchia sa che ci saranno nuove generazioni che lo metteranno a morte come lui con altre”, aggiunge il regista. “Proprio come lui aveva fatto con Pulcinella, alcuni giovani autori come Salvatore Di Giacomo o Roberto Bracco auspicavano un tratto popolare, ma che non fosse fatto solo di risate. Tanto che si ritrovarono a testimoniare, con una perizia a favore di D’Annunzio, che accusò Scarpetta di aver violato la sua proprietà intellettuale parodiando La figlia di Iorio, diventata Il figlio di Iorio. A sorpresa, fu Benedetto Croce a sostenere il diritto alla parodia nel processo. Scarpetta si genuflette davanti al vate, ma poi l’istinto popolare che lo anima, che è ribelle, lo porta alla sfida, a graffiare. Croce, con la sua statura, lo mette però al posto suo. La parodia è un diritto in quanto infinitamente piccola, rispetto a D’Annunzio, che è infinitamente grande. Si sente offeso, questa vittoria al processo, produce una ferita”.

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