Nome di donna: il film con Cristiana Capotondi su Rai 1 nella Giornata contro la violenza sulle donne
Uscito al cinema l'8 marzo 2018, Nome di donna di Marco Tullio Giordana è un film che racconta delle molestie sul luogo di lavoro, una realtà ancora molto pesante e che si basa su dati ISTAT oggettivi, che fotografano il fenomeno nel nostro Paese.

- Nome di donna per Cristiana Mainardi, sceneggiatrice
- Nome di donna per Marco Tullio Giordana
- I dati sulle molestie alle donne nei luoghi di lavoro
Mercoledì 25 novembre 2020, nella giornata dedicata al contrasto della violenza sulle donne, Rai1 dedica la sua prima serata al film drammatico di Marco Tullio Giordana Nome di donna
2 anni fa, nel 2018, proprio nel giorno della Festa della donna, l'8 marzo, arrivava al cinema nel pieno del dibattito sul caso Weinstein, il primo film italiano dedicato al tema della violenza sulla donna. Non quella eclatante e fisica, ma quella nascosta e vigliacca rappresentata dalle molestie sul lavoro. A dirigere Nome di donna è Marco Tullio Giordana, regista da sempre impegnato nel nostro cinema, sensibile e interessato alle dinamiche sociali nel nostro Paese. Protagonista nel ruolo di Nina, una donna che si ribella alle meschine avance del suo datore di lavoro, scatenando critiche e dubbi nelle colleghe ma anche in chi più le sta vicino, ma riesce a portare avanti la sua battaglia, è Cristiana Capotondi, che venne candidata al Nastro d'Argento per il ruolo. Nei panni del molestatore invece troviamo l'ottimo attore e regista teatrale Valerio Binasco, e un ruolo fondamentale l'ha anche una grande attrice del nostro cinema e teatro come Adriana Asti, alla sua quarta collaborazione con Giordana.
Nome di donna per Cristiana Mainardi, sceneggiatrice
A scrivere la sceneggiatura di Nome di donna, rimaneggiata e resa più essenziale da Giordana, è la giornalista Cristiana Mainardi, che ha dichiarato in proposito: “Nome di donna è nato nel 2015 dal desiderio di guardare alla condizione femminile nel mondo del lavoro, escludendo le discriminazioni più macroscopiche - come la disparità salariale - per studiare invece quelle più sottili - e dunque subdole - assunte come una sorta di (sotto)cultura diffusa. Quel senso comune, quell'ovvietà, capace di insinuarsi nel quotidiano, di diventare parte integrante del modo di vivere e di lavorare, di rapportarsi agli altri. Credo che ogni donna possa comprendere esattamente queste parole, e - per fortuna - anche molti uomini." Così l'autrice racconta poi la genesi del progetto: “Avevo in mente fatti avvenuti negli anni ‘90 che portarono a considerare la molestia nella legge del 1996 ma con la crisi economica emergevano nuove o antiche fragilità, c'era qualcosa che assomigliava a un'emergenza. Era un argomento che poteva suscitare indifferenza o fastidio, quasi respingente. Quando lo proponevo per farne un film mi dicevano “forse se non l'hanno fatto finora c’è un motivo”. Ho fatto una ricerca obiettiva con figure che lavorano su questo tema, e ho sentito storie che risalivano anche a 50 anni fa, come l’episodio del collocatore dei frutteti. Ho cercato di incontrare donne e di ascoltare le loro sensazioni e il loro dolore profondo di fronte a certe storie. Poi ho ricostruito una storia di fantasia perché volevo dare una chance e una speranza a un personaggio che potesse arrivare a un esito positivo, pur consapevole che è solo una su 1 milione e mezzo di donne”.
Nome di donna per Marco Tullio Giordana
Come di consueto per un regista tanto impegnato, Marco Tullio Giordana presenta la storia come una sorta di lotta di classe tra chi possiede il potere e la possibilità di offrire un lavoro e chi è costretto a subire certe imposizioni per poter sopravvivere. All'epoca della presentazione del film, questo disse sul film: “Mi è piaciuto il fatto che non affrontava questo tema dal punto di vista militante ma indagava un personaggio femminile coraggioso e temerario e quello che succede intorno alle altre donne. Non solo quelle che sono state oggetto delle attenzioni del personaggio di Binasco, ma tutti i personaggi femminili non erano giudicati, erano raccontati nella loro fragilità e anche nei danni collaterali, accennati nei personaggi della moglie e della figlia. Ho scelto attori che mi piacevano, molto bravi e molto credibili nel non giudicare i loro personaggi”.
I dati sulle molestie alle donne nei luoghi di lavoro
L'Istat condivide i dati di una ricerca effettuata tra il 2015 e il 2016, su cui si sono basati i realizzatori del film. I risultati sono impressionanti: sono un milione e 404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Rappresentano l'8,9% per cento delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in cerca di occupazione. Nei tre anni precedenti all'indagine, ovvero fra il 2013 e il 2016, hanno subito questi episodi oltre 425 mila donne (il 2,7%). La percentuale di coloro che hanno subito molestie o ricatti sessuali sul lavoro negli ultimi tre anni è maggiore della media del 2,7% tra le donne da 25 a 34 anni (3,1%) e fra le 35-44enni (3,3%). Unica consolazione il fatto che rispetto alla precedente indagine, risalente al 2008/2009, il fenomeno appare in calo, grazie anche alla maggiore disponibilità delle vittime a denunciare e all'aumentata attenzione sociale e legale verso questo tipo di reati. Ma ci sono anche i dati relativi a chi decide di mantenere il silenzio in proposito: Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell'80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro, un dato in linea con quello rilevato nel 2008-2009 quando questa percentuale era dell'81,7%. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle Forze dell'Ordine: appena lo 0,7% delle vittime di ricatti nel corso della vita (l'1,2% negli ultimi tre anni). Un dato che si riduce ulteriormente se si considera chi ha poi effettivamente firmato un verbale di denuncia, ovvero il 77,1% di chi ha dichiarato di essersi rivolto alle Forze di polizia. Le motivazioni più frequenti per non denunciare il ricatto subito nel corso della vita sono la scarsa gravità dell'episodio (27,4%) e la mancanza di fiducia nelle forze dell'ordine o la loro impossibilità di agire (23,4%).
Per approfondire uleriormente, qui le nostre interviste a Marco Tullio Giordana e Cristiana Capotondi.