Martin Scorsese torna a parlare del cinema d'oggi ed esalta Federico Fellini
Martin Scorsese torna sull'argomento del cinema contemporaneo in un saggio per Harper's Magazine, dove si diffonde anche sull'impatto de La Dolce Vita di Federico Fellini.

Ricorderete sicuramente l'inutile polemica scatenata intorno alle dichiarazioni di Martin Scorsese sul cinema dei supereroi, visto come un divertimento simile a quello dei parchi tematici, contrapposto al cinema come arte che è quello che lui ha sempre frequentato e che oggi è in difficoltà. Il grande regista è tornato sull'argomento con un saggio sulla rivista Harper's Magazine di marzo in cui esplicita cosa intende quando parla di un cinema che ha svalutato i contenuti e si diffonde in lodi per Federico Fellini e il suo capolavoro, La Dolce vita.
Fino a quindici anni fa - dice Scorsese - il termine "contenuto" si sentiva solo quando la gente discuteva di cinema seriamente, e veniva messo in contrasto e paragonato alla "forma". Poi, gradualmente, è stato usato sempre più dalle persone che hanno preso possesso delle società di produzione, la maggior parte delle quali non sapeva niente della storia di questa forma d'arte e nemmeno se ne curava abbastanza da pensare che avrebbe dovuto saperlo.
Scorsese poi ha approfondito il discorso del contenuto per quanto riguarda l'era digitale:
Se inoltre la visione è "suggerita" da algoritmi in base a quello che hai già visto e i suggerimenti sono basati solo sull'argomento e il genere, che conseguenze ha questo sull'arte cinematografica?
Una domanda legittima, se fate caso a quello che le varie piattaforme che frequentiamo ci suggeriscono, scegliendo tra film o serie "simili" a quelle che abbiamo già visto, in questo modo restringendo il campo per cose nuove e diverse, visto che questo è lo stesso criterio seguito da molti Studios cinematografici e produttori in genere: se una cosa ha avuto un successo enorme, perché non replicarla all'infinito con poche varianti? E tutto questo porta ovviamente a un'esclusione del cinema artistico, autoriale, o quanto meno a una riduzione degli spazi per opere diverse.
Nello stesso saggio, Martin Scorsese parla di Federico Fellini e del suo capolavoro, La dolce vita, ricordando l'esperienza della visione all'epoca:
Ecco un artista che era riuscito ad esprimere l'ansia dell'era atomica, il senso che niente avesse davvero più importanza perché tutti e tutto avrebbero potuto essere annientati in qualsiasi momento. Avvertimmo questo shock, ma sentimmo anche l'esaltazione dell'amore di Fellini per l'arte del cinema, e, di conseguenza, per la vita stessa.
Scorsese è consapevole di vivere in un'epoca molto diversa e che l'industria cinematografica è "adesso l'industria del divertimento visivo di massa", e conclude con un accorato e urgente appello:
Tutto è cambiato, il cinema e l'importanza che ha nella nostra cultura. Certo, non sorprende molto che artisti come Godard, Bergman, Kubrick e Fellini, che un tempo regnavano sulla nostra grande forma d'arte come dèi, alla fine siano tornati nell'ombra col passare del tempo. Ma a questo punto non possiamo dare niente per scontato. Non possiamo dipendere dall'industria del cinema, così com'è oggi, perché abbia a cuore il cinema... Quelli di noi che conoscono il cinema e la sua storia devono condividere il proprio amore e la propria conoscenza con quante più persone possibili. E dobbiamo rendere chiarissimo agli attuali possessori legali di questi film che sono molto, molto di più di una proprietà da sfruttare e poi mettere via. Sono tra i più grandi tesori della nostra cultura e devono essere trattati come tali.