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L'amore, in teoria: intervista al regista Luca Lucini, che racconta l'amore giovane 20 anni dopo Tre metri sopra il cielo

L'amore, in teoria è la nuova commedia romantica di Luca Lucini, che a partire da un soggetto di Gennaro Nunziante racconta l'educazione sentimentale di uno studente di filosofia interpretato da Nicolas Maupas. Abbiamo intervistato il regista parlando dell'amore ieri e oggi e della generazione dei ventenni.

L'amore, in teoria: intervista al regista Luca Lucini, che racconta l'amore giovane 20 anni dopo Tre metri sopra il cielo

Da quando ha esordito nel 2004 con Tre metri sopra il cielo, Luca Lucini ha sempre saputo raccontare le intermittenze del cuore con la giusta leggerezza e con una grazia che ha spesso portato giornalisti e critici a definire le sue commedie anglosassoni o angloamericane. È accaduto per esempio con L’uomo perfetto e succede oggi con L'amore, in teoria, che vede protagonista quel Nicolas Maupas, che, interpretando Filippo Ferrari detto "il chiattillo" in Mare Fuori, è diventato una celebrità e un attore amatissimo dai giovani. Basato su un soggetto di Gennaro Nunziante, il film narra le vicende amorose di uno studente di filosofia di nome Leone diviso fra la sua cotta del liceo (Caterina De Angelis) e un’attivista intraprendente e libera (Martina Gatti).

In uscita il 24 aprile con Vision Distribution, L'amore, in teoria riflette su quanto sia difficile per i ragazzi di oggi vivere con serenità l’amore. Lo fa con ironia, eleganza, trasporto e soprattutto empatia, come si intuisce dall’intervista che abbiamo fatto a Luca Lucini nel weekend di Pasqua e che è partita dalla citazione di Spinoza che apre il film: “Non si piange sulla propria storia, si cambia vita”.
"Gennaro Nunziante ha studiato filosofia” - ha spiegato il regista - "e voleva narrare la vicenda di uno studente di filosofia che, pur studiando la storia del pensiero, è molto confuso sui sentimenti, sulle relazioni sentimentali, sui rapporti con l'altro sesso. Spinoza, che aveva analizzato le relazioni e le geometrie dei sentimenti, gli sembrava quindi un riferimento interessante. Io al liceo avevo un professore di filosofia con cui andavo molto d'accordo e che, essendo amante del cinema, ha fatto delle figurazioni nei miei film. Non so se sia merito suo, ma la filosofia mi è sempre piaciuta. All'università ho studiato sociologia, che non è poi così lontana dalla filosofia. Ero contento quindi che il personaggio di Leone avesse scelto la facoltà di filosofia e credo che le sceneggiatrici Amina Grenci e Teresa Fraioli abbiano fatto un ottimo lavoro mettendo a confronto la filosofia con l'educazione sentimentale delle nuove generazioni".

E come sono queste nuove generazioni, in particolare quella a cui appartengono Leone, Flor e Carola?

Mentre sviluppavamo il soggetto, ci siamo resi conto di quanto potesse essere delicato e importante raccontare la generazione dei nostri personaggi. Lo stesso Nicolas ha avuto il desiderio e la necessità di non concentrarsi su una singola storia d'amore ma su una vicenda che riguardasse la sua generazione, che per certi versi sta riscrivendo i principi dell'educazione sentimentale. Noi in qualche modo avevamo dei riferimenti, sapevamo cosa fosse giusto o sbagliato secondo i canoni "istituzionali". Questa generazione, invece, è un po’ spaesata, anche perché non può trovare le risposte nei genitori. I miei figli hanno più o meno quell'età e, per quanti consigli io possa dare, non posso né aiutarli né giudicare ciò che stanno vivendo. Questa generazione è rimasta chiusa in casa per due anni proprio nel momento in cui dovevano esplodere i rapporti interpersonali. Vive contornata da guerre, epidemie e alluvioni, ed è impaurita e nello stesso tempo desiderosa di cambiare le regole e adattarle secondo il proprio modo di vivere. Questo elemento si percepiva molto sia nella sceneggiatura che in tutti i ragazzi che hanno partecipato al film. Il loro punto di vista è stato per me estremamente importante e interessante, perché, trovandomi a dirigere una commedia romantica, invece di rispettare i canoni classici ho potuto fare qualcosa di diverso. Mentre ero sul set, mi sono reso conto che erano passati esattamente 20 anni da Tre metri sopra il cielo, così ho immaginato L'amore, in teoria come il secondo episodio di una trilogia sull'amore che, di 20 anni in 20 anni, mi permettere di verificare lo stato del sentimento amoroso delle nuove generazioni confrontandolo con il modo in cui lo vedo io che appartengo a una generazione medievale.

Per noi l’amore era più facile, decifrabile?

Non so se fosse più facile. Certamente le tappe erano più scandite. Adesso molte ragazze non hanno più come obiettivo più importante della vita l'amore con il principe azzurro e la famiglia con i figli. Oggi un ragazzo non sa se si innamorerà di una ragazza o di un ragazzo e cosa vorrà resettare nella sua vita. Sicuramente ogni ragazzo adatta l'amore al proprio modo di essere e quindi i modi di essere sono sempre di più. Ognuno è alla ricerca della propria dimensione, però ha paura di trovarla perché ha la sensazione che, se prende una strada, magari ce n'era una migliore, e questa sensazione provoca a volte un profondo malessere.

All'inizio del film Leone è ancora vergine. Era una caratteristica del personaggio che vi stava particolarmente a cuore?

Abbiamo fatto questa scelta narrativa perché ci interessava riflettere proprio sulle insicurezze dei ragazzi di oggi. Di Tre metri sopra il cielo ricorderai senz'altro lo stereotipo del maschio un po’ macho che guidava la moto e faceva a pugni, mentre la protagonista femminile era un po’ la classica eroina romantica. Adesso i ruoli si sono quasi invertiti, e infatti nel film c'è lei che è molto cazzuta e disincantata, anche per quanto riguarda le relazioni sentimentali, mentre lui è quasi ossessionato dall'amore e idealizza il suo rapporto con Flor. Leone scopre cose nuove e questo fa parte del suo percorso. Molti ragazzi sono ancora vergini quando arrivano alla maggiore età, perché adesso la scoperta del sesso è talmente facile e immediata che a un certo punto diventa quasi un limite per i maschi. I maschi evitano il sesso per timore di non essere all'altezza. Dopo una certa età, però, diventa una vergogna dire che sei vergine, e allora ecco che si crea un circolo vizioso.

Che cosa ne L’amore, in teoria ti corrisponde di più?

Il personaggio di Flor e l'interazione che ha con Leone sono cose che sento molto mie, così come il personaggio di Meda, che ho trovato fantastico. È stato Gennaro a crearlo, però credo che sia venuto fuori molto bene anche grazie alla complicità che si è creata tra Nicolas e Francesco Salvi sul set. L'interpretazione di Francesco è stata una sorpresa, perché io lo ricordavo come comico e cabarettista. Lo conoscevo poco e non lo vedevo da diverso tempo. Ha fatto un provino che mi ha immediatamente convinto, e ho insistito molto per averlo nel film, perché non è un volto così noto, soprattutto oggi. Credo che si sia rivelato perfetto per la parte che gli abbiamo affidato. Mi piace particolarmente anche il rapporto fra Leone e suo padre, che Francesco Colella ha impersonato magnificamente e che rappresenta la difficoltà dei genitori di oggi di comprendere i figli e perciò di aiutarli a crescere e ad affrontare i problemi. Per capire a fondo e descrivere queste dinamiche, ovviamente abbiamo visto la serie Adolescence e il film Il ragazzo con i pantaloni rosa. La tematica che affrontano è in qualche modo simile alla nostra, però là sfocia nel dramma, mentre qui siamo in una commedia sentimentale a lieto fine.

Che attore è Nicolas Maupas?

Nicolas è stato veramente una sorpresa. Non lo conoscevo tantissimo: avevo visto giusto qualche puntata di Mare Fuori. Ha fatto un provino che mi ha davvero entusiasmato perché ho trovato subito delle corde ironiche che mi hanno ricordato Hugh Grant. Nicolas è tenero ma in qualche modo figo, è lo sfigato che alla fine ce la fa. Nicolas ha fatto un grandissimo lavoro e devo dire che ci siamo trovati proprio bene a livello umano, insomma eravamo sincronizzati.

Nel film si parla anche di ambientalismo…

Volevamo dare un segnale positivo in questo senso, riconoscendo la paura di un futuro incerto ma sposando quello che dice Leone verso la fine, e cioè buttiamoci, proviamoci, magari è solo per un piccolo pezzo di strada bisogna tentare. Sarebbe bello se L’amore, in teoria diventasse una sorta di incitamento ad essere positivi in ogni senso, anche nei sentimenti.

Cosa ti porti dietro da L'amore in teoria. Cosa hai imparato da questa esperienza?

Mi sono affezionato a questa generazione che mi piace tantissimo e per cui sono molto ottimista. Spero che ci sia qualcosa di bello in futuro per questi ragazzi. Ho imparato molto lavorando con loro, devo dire. Rispetto a com’eravamo noi sono decisamente più complessi nel bene e nel male, nel senso che possono rispondere in maniera sbagliata a certe sollecitazioni. Io a 15 anni ero un cretino.

Però eravamo più coraggiosi…

I nostri genitori ci filavano di meno e quindi dovevamo cavarcela da soli. Siamo diventati più forti e meno insicuri. Adesso, invece, i genitori tutelano eccessivamente i figli, che quindi si sentono disarmati quando arrivano i primi problemi importanti.

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